Il viaggio di Autunno in Barbagia: scopriamo Tiana, terra di centenari e capitale dell’orbace
Terra di centenari e capitale isolana dell'orbace, Tiana è la prossima tappa di Autunno in Barbagia. Un borgo barbaricino magnifico, attorniato da una natura incontaminata e legato a tradizioni agro-pastorali e artigiane, dove ambiente, stile di vita e buon cibo sono la ricetta per la longevità. Le sue "cortes" vi aspettano per due giornate indimenticabili
Anche per il prossimo fine settimana si rinnova l’appuntamento alla scoperta del cuore della Sardegna e il viaggio di Autunno in Barbagia si appresta a raggiungere le sue prossime destinazioni. Dopo aver ammirato le bellezze di Desulo e aver danzato al ritmo di Mamuthones e Issohadores a Mamoiada, le ricchezze dell’entroterra barbaricino faranno bella mostra di se nelle “cortes” di Nuoro e Tiana. Entrambe magnifiche, le protagoniste di questo appuntamento presentano peculiarità proprie, e oggi, in questo viaggio tra i paesi della Barbagia, vogliamo recarci in quella terra dove la vita è semplice e genuina e l’aria è così salubre che regala un’esistenza sana e longeva: scopriamo Tiana, terra di centenari e capitale sarda dell’orbace.
Comune di montagna, Tiana è un piccolo borgo agro-pastorale che si incontra nella Barbagia di Ollolai. Incastonato tra le ultimi propaggini occidentali del Gennargentu, questo paesino di poco più di cinquecento abitanti si erge a circa 600 metri di altitudine, ai piedi del monte Orovole, in una fertilissima valle lambita dal torrente Tino, che qui si incontra con il rio Torrei, formando una particolarissima “T” rovesciata. Al riparo dai venti, protetta dalla ruvida corazza della montagna, a Tiana la natura è incontaminata e magnifica si apre alla vista con scorci serafici: qui è l’acqua, che scorre abbondante, a nutrire e plasmare i paesaggi incantati, regalando alla valle una lussureggiante vegetazione, dove alle immense distese di orti e frutteti, si alternano fittissimi boschi di lecci, castagni, sughere e roverelle, e numerosi arbusti tipici della macchia mediterranea. Sorgenti e torrenti cullano l’abitato che si presenta incantevole, specie nel suo centro storico: le strette viuzze circondano le antiche casette di pietra a più piani con i tipici “corzos”, opera dei “maistos de muru”, dei passaggi ad arco che collegano le dimore dal un lato all’altro della strada. A Tiana sopravvivono antiche tradizioni, produzioni tipiche, e gli abitanti condividono un forte senso di comunità: qui la vita è semplice e genuina e, soprattutto, devota al lento mutare del tempo. Proprio queste caratteristiche sarebbero la ricetta per l’esistenza longeva, sana e serena della comunità tianese: il paese, infatti, è noto per aver dato i natali a numerosi centenari, tra cui Antonio Todde che, nel 2001, con i suoi 112 anni entrò nel guinnes dei primati come l’uomo più vecchio del mondo. Questo borgo barbaricino, però, è famoso anche per essere la capitale isolana dell’orbace, quel particolare tessuto di lana impiegato per il confezionamento degli abiti tradizionali, la cui lavorazione ha rappresentato un’importante risorsa economica del paesino, sino al recente passato. Tra il XVIII secolo e la prima metà del XX, le sponde dei fiumi circostanti erano tutto un brulicare di attività: decine di mulini e di gualchiere (in sardo “Cracchiera”) si azionavano sfruttando la forza dell’acqua, per macinare il grano e per follare la lana di pecora o capra. Quest’ultima attività, praticata all’interno della gualchiera, rendeva la stoffa impermeabile e resistente: la lana, immersa nell’acqua calda, veniva battuta da grossi magli mossi da una ruota azionata dalla corrente del rio Torrei. A Tiana, inoltre, si respira una forte devozione religiosa, ben separata, però, dalle antiche usanze pagane che qui ancora resistono, nonostante siano ormai quasi del tutto scomparse nell’Isola, eccezion fatta per la vicina Ovodda: qui si festeggia “Su Merculis de Lessiu”, il carnevale celebrato rigorosamente nel primo giorno di quaresima, ossia nel mercoledì delle ceneri, per rimarcarne il carattere profano. Durante “Su Coli Coli” – così è chiamato il carnevale tianese – i dispettosi Intintos, maschere dal viso coperto di carbone, scorazzano per le vie del paese imbrattando chiunque si ponga sul loro cammino – e che si trasforma a sua volta in “Intintu” – e trasportando un fantoccio che viene, poi, bruciato al calar della sera.
Esistenza longeva, vita semplice e genuina, forte senso di comunità, ma anche natura incontaminata, antiche tradizioni pagane, il rumore e la forza dell’acqua che trasforma la lana in un pregiato tessuto: ecco perché visitare questo paese, il cui nome avrebbe un’origine e un significato non del tutto chiariti. Per alcuni linguisti il toponimo, presente anche in altre località europee, potrebbe derivare da “Tinia”, divinità etrusca; per altri, invece, potrebbe derivare dalla divinità romana Diana, in considerazione dei templi a lei dedicati, i cui resti si rilevano nel territorio circostante. Per altri ancora, infine, le origini sarebbero da collegare semplicemente al fiume Tino che attraversa il paese.
BREVI CENNI STORICI. Da sempre terra di confine e di scambio tra culture differenti, Tiana ha una storia antichissima, in cui popoli e civiltà hanno condiviso saperi e tradizioni tramandati nei secoli. Nella preistoria era l’antico popolo dei Sardi a regnare solitario sul territorio. Tracce di quella vita giungono a noi per il tramite dei numerosi siti archeologici presenti nell’area: al Neolitico risale l’importante necropoli di Mancosu, mentre appartengono all’età del Bronzo gli antichi resti di villaggi nuragici ritrovati nelle località di “Sa Pira Era”, “Sa Tanca de su Pranu” e “S’Ischisorgiu”. Durante l’epoca romana, Tiana faceva parte della “Barbària”, quei territori non colonizzati e dominati dai Barbaricini che vivevano comunque a contatto con i conquistatori: le impronte del passaggio dei Romani si rilevano nelle località di “Santu Leo” e in quella di “Tudulu”, che conserva i resti di un’antica fornace usata per la cottura di tegole e mattoni. Le prime notizie sull’abitato risalgono, invece, al Medioevo, quando la villa di Tiana compare per la prima volta in documenti scritti ed era inclusa nella diocesi di Santa Giusta, nel Giudicato di Arborea. Durante la guerra con la Corona d’Aragona, anche i tianesi parteciparono alle numerose battaglie di quegli anni: nel 1912, sempre nei pressi di “Santu Leo” fu rinvenuta una tomba di un cavaliere medievale (probabilmente militare dell’esercito aragonese), al cui interno si conservavano un cinturone e una spada, poi donati al museo Archeologico di Cagliari. In seguito alla definitiva vittoria dei conquistatori, il villaggio di Tiana fu sottomesso al controllo di varie dinastie feudali, un dominio esterno che proseguì anche con il passaggio della Sardegna ai Savoia e che terminò nel 1838, con il riscatto del feudo. Proprio in quel periodo nel paese si avviò l’importante attività della lavorazione della lana e della produzione dell’orbace, elemento che lo rese famoso in tutta l’Isola.
COSA VEDERE. Tra storia, natura e il fascino di antiche tradizioni, questo paesino offre variegate attrazioni. Per conoscere da vicino il remoto passato tianese, tappa obbligata è la già citata necropoli di Mancosu, un complesso di ben 7 sepolture scavate nella roccia granitica che qui sono denominate “forreddos de janas”, per la particolare forma dell’apertura che ricorda il forno per la cottura del pane. Regina assoluta delle attrazioni locali è, però, la magnifica archeologia industriale legata alla lavorazione dell’orbace, racchiusa in località Gusagu, e protagonista del suggestivo museo chiamato “Le vie dell’acqua”: un viaggio tra gli antichi macchinari industriali dell’epoca, un mulino ben conservato, utilizzato per la macinazione del grano, e “Sa Cracchera de tziu Bellu”, ultima gualchiera attiva nell’Isola e tra le poche in Europa. A Tiana non manca, inoltre, il fascino dei luoghi di culto, come quello della parrocchiale dedicata a Sant’Elena che svetta nell’abitato, in posizione sopraelevata rispetto al centro: l’edificio, costruito nel Seicento in stile tardogotico, ha subito numerosi interventi e al suo interno conserva magnifici archi gotici. Merita, infine, la chiesetta campestre intitolata a San Leone Magno: ricostruita in forme contemporanee sui resti della precedente, ospita al suo interno una statua del Santo che viene portata in processione a settembre, seguita da un lungo corteo di abiti tradizionali, in occasione delle celebrazioni in suo onore.
NATURA. Scoprire Tiana significa anche carpire il segreto della longevità dei suoi abitanti, che hanno il privilegio di godere di una natura incontaminata. Il paesaggio, cinto dal rio Torrei e dal torrente Tino, si alterna tra valli e rilievi montuosi, dove orti e frutteti lasciano poi spazio al fittissimo verde di boschi e foreste, che ricoprono circa l’85 per cento del territorio comunale, uno dei più boscosi dell’Isola: tra i boschi che lambiscono l’abitato, suggestivi sono quelli di Orovole e di “Sa Costa ’e Sili”. Gli incantevoli sentieri che attraversano le selve, un tempo antiche vie della transumanza, conducono alle dorsali montuose più alte dell’area, dove sgorgano fresche e abbondanti sorgenti: nel cammino non è raro incontrare donnole, cinghiali, martore, volpi e numerose specie di uccelli. Vicino all’abitato svetta la cresta rocciosa di “Su Cheddarzu”, una salita di circa 873 metri d’altitudine che regala una visione mozzafiato, sulla cui cima, aggrappato al granito, s’innalza un maestoso leccio. Tra gli altri siti naturalistici da non perdere si ricordano, infine, le rigogliose pendici del monte Mungianeddu e la lussureggiante vallata di “Bau ’e Fonne”.
CUCINA E ARTIGIANATO. A Tiana i sapori e i profumi della tavola sono l’essenza della sua antichissima tradizione agro-pastorale. Questo paesino, infatti, è un richiamo soprattutto per i palati che numerosi giungono qui, attratti dalla prelibata gastronomia locale. Oltre alla produzione dei fagioli, tipica di Tiana è la produzione de “su pan ’e fresa”; raffinati sono, poi, i dolci che vengono preparati in occasione delle festività: per i fuochi di Sant’Antonio Abate si gusta “sa panemanna”, per Pasqua regnano “sas pardulas” e in occasione di Ognissanti si preparano “sos papassinos”. Da gustare assolutamente sono, poi, le “fruttine”, dei dolcetti a base di pasta di mandorla a forma di frutti colorati, ricoperti di zucchero. L’artigianato locale è focalizzato soprattutto sulla tessitura e sulla lavorazione della lana, attività tradizionale, attraverso cui questo prodotto viene lavato, cardato, pettinato, filato e ordito, per poi essere tinto con erbe e piante locali.
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