Festa dell’Unità nazionale e delle Forze Armate: tutte le autorità civili e religiose per le celebrazioni

Una cerimonia partecipata da tutte le Autorità Militari, Civili e Religiose quella che questa mattina si è svolta nel piazzale d’onore della Comando Legione Carabinieri Sardegna per le celebrazioni della Festa dell’Unità nazionale e delle Forze Armate
“Un caro e sentito saluto alle Autorità Militari, Civili e Religiose. Non senza emozione – ha scandito il sindaco davanti al picchetto d’onore – ho il piacere di portare il saluto della Municipalità di Cagliari alla celebrazione della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze armate e della Vittoria. Perché mi considero un orgoglioso figlio della Vittoria della Grande Guerra, senza la quale difficilmente oggi avremmo avuto la nostra Nazione e la nostra Patria, il cui concetto e valore, in tempi di globalizzazione e universalismo, continua a conservare tutta la sua attualità, come ci ha ricordato anche ieri l’Arcivescovo di Cagliari Monsignor Miglio nella sua omelia dinanzi al Sacrario Militare in ricordo dei caduti. L’idea appunto di una comunità, che viene dal passato e guarda con speranza e fiducia al futuro. Mi riconosco pienamente in questi valori, li giudico fondanti del nostro vivere civile. Così come ho un particolare e forte rispetto per le Forze Armate, per il ruolo prezioso che svolgono ogni giorno, per la loro peculiare capacità di garantire sicurezza, legalità, pace e libertà”.

“Celebriamo oggi il 101esimo anniversario della vittoria nella Prima Guerra Mondiale. Lo facciamo con orgoglio legittimo, senza trascurare la sofferenza e il dolore con il quale si arrivò a questo risultato, perché l’esperienza della guerra è un’esperienza che non possiamo augurare a nessun popolo. E non voglio per forza citare D’Annunzio quando parlò di “vittoria mutilata” ma è certamente vero che la difesa dei confini italiani, la lotta che i nostri concittadini sostennero per proteggere la nazione, fu un atto fondativo. Oggi guardiamo a quella guerra con occhi ormai asciutti. Ma la memoria e il ricordo servono da monito e da esempio per tutte le generazioni che si sono succedute. E servono soprattutto per riuscire a decifrare gli anni a venire. Ecco perché conoscere la storia della propria nazione, poi, è fondamentale e dovrebbe essere un impegno costante delle Istituzioni senza remore e senza vergogna”.
“Gli italiani morti in guerra furono circa 700 mila, forse di più. I feriti furono 950 mila. Migliaia coloro i quali rimasero in prigionia, alcuni dei quali mai rientrati a casa. Un tributo importante lo pagò la Sardegna. I sardi che morirono furono circa 14 mila. Molti di loro tornarono a casa con le terribili immagini del conflitto appena vissuto. La vita non fu più la stessa. Sappiamo che i combattimenti si svolsero nel buio delle trincee, nel fango, al gelo, patendo la fame, mentre si scatenavano terribili epidemie. I soldati italiani, provenienti da tutte le regioni, lottarono sfidando ogni genere di avversità, oltre ogni umana sopportazione”.
“I sardi si manifestarono per un coraggio che si mescolava all’orgoglio di voler dimostrare di avere qualcosa in più. È il caso, per esempio, del nuorese Attilio Deffenu. Deffenu, per quanto malato, chiese e ottenne di andare al Fronte, con la Brigata Sassari. Desiderava più di ogni altra cosa dare il proprio contributo nella battaglia. Mori a Fossalta di Piave nel giugno del 1918. Morì da sardo e italiano. Non smetteva mai di raccontare le virtù dei “veri figli dell’Isola”, lui, che era contrario a quella visione solita della Sardegna alla perenne ricerca di aiuti assistenzialistici. Scrisse Attilio Deffenu, nell’aprile del 1918: “Il sardo ha molto vivo e profondo il senso dell’onore e della fierezza; sente in modo spiccato l’ orgoglio di essere uomo e di essere sardo. Per questo il soldato sardo non alza le braccia, non si arrende in combattimento, non conosce l’ obbrobrio dello “ sbandamento”. Niente urta di più il sardo che l’essere tacciato e sospettato di vigliaccheria. Il vero figlio dell’Isola vuole fare sempre bella figura. Il soldato sardo combatte per l’Italia e la Sardegna”. Sono parole belle, alte, emozionanti, nelle quali riconoscersi pienamente, rispettose della nostra identità di sardi e, se è consentito, ancora molto attuali”.
“Nel Giorno dell’Unità Nazionale ci stringiamo intorno alle Forze Armate, impegnate quotidianamente a garantire la sicurezza e la pace in ambito internazionale, rafforzando il prestigio dell’Italia nel mondo. E anche con il cuore pieno di gioia e con un pizzico d’orgoglio, per il nuovo reggimento logistico della Brigata Sassari che vedrà luce nella nostra città, il primo nel capoluogo dell’Isola. I nostri militari sono presenti ovunque ci sia bisogno ed è per questo che li ringraziamo. Sono il meglio, in termini di valori, di amore e di spirito di sacrificio, che la nostra Italia riesca a produrre. La memoria, attiva e vigile, del dolore e delle vittime di quei conflitti – ha concluso il sindaco Truzzu – può consolidare e rendere sempre più irreversibili le scelte di libertà. Significa sapere che qualcuno si è sacrificato per noi, che qualcuno ci ha permesso di pensarci come nazione, legati da un destino comune e che ci ha lasciato un prezioso testimone da consegnare alle generazioni future”.

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Dalla Sardegna ad Harvard: Christian Migliarese, giovane ricercatore in Biotecnologie oncologiche

Christian Migliarese, il giovane studioso cagliaritano che porta la Sardegna e l’Italia nella ricerca mondiale.
“Ho imparato che uscire dalla zona di comfort è il modo più efficace per crescere. Ogni passo fuori dalla mia isola mi ha insegnato qualcosa. Ma dentro di me, la Sardegna non se n’è mai andata”. Così Christian Migliarese, classe 1998, racconta un percorso che, partito da Cagliari, lo ha portato a lavorare tra i laboratori più avanzati del mondo e a guardare al futuro con una visione imprenditoriale. Oggi è un giovane scienziato in dottorato alla University at Buffalo, negli Stati Uniti, con all’attivo esperienze tra Barcellona, Milano e perfino Harvard.
Nato l’8 dicembre 1998, Christian cresce tra i banchi del Liceo Scientifico “Michele Giua” di Cagliari. È qui che si fa strada la passione per la scienza, alimentata da un’insegnante illuminata e da un programma d’eccellenza pensato per studenti particolarmente promettenti. Ma il vero punto di svolta arriva a 16 anni: “Ho trascorso un anno in Taiwan grazie a un programma del Rotary. Un’esperienza che mi ha completamente aperto la mente: ho imparato a fidarmi di me stesso e a vedere il mondo con occhi nuovi”.
Terminato il liceo, Christian sceglie la laurea in Biotecnologie Industriali all’Università di Cagliari, che conclude nel 2021. Ma già durante la triennale, la sete di esperienze lo porta fuori dai confini: parte per un Erasmus al PRBB di Barcellona, uno dei più grandi poli di ricerca biomedica in Europa, dove lavora su un progetto basato sulla tecnologia CRISPR-Cas9, studiando la regolazione di p53, una proteina chiave nei tumori.
Prosegue con la magistrale in Biotecnologie Mediche all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ed è proprio qui che arriva una mail inaspettata: “Quando ho ricevuto l’invito per svolgere il tirocinio finale ad Harvard, ho pensato fosse uno scherzo. E invece era tutto vero. È stato uno dei momenti che hanno cambiato il corso della mia vita”.
Ad Harvard lavora su un progetto ambizioso: superare la resistenza alla terapia nelle metastasi cerebrali da tumore polmonare. La ricerca, in collaborazione con il Massachusetts General Hospital, è ora pubblicata su una prestigiosa rivista scientifica: Acta Neuropathologica Communications.
Oggi, Christian è dottorando negli Stati Uniti e dirige due progetti di ricerca innovativi nel campo delle neoplasie genitourinarie, con focus su epigenetica e sviluppo di nuove molecole terapeutiche. Ma non si ferma qui: è stato selezionato per partecipare ai NSF I-Corps, un programma della National Science Foundation dedicato alla formazione imprenditoriale per giovani ricercatori. “Voglio capire come trasformare la mia ricerca in qualcosa di concreto, in grado di arrivare sul mercato e fare la differenza nella vita dei pazienti”.
Nonostante le esperienze internazionali, Christian non ha mai reciso il legame con la sua terra: “Sogno, un giorno, di aprire una start-up biotech che possa nascere proprio in Sardegna. Mi piacerebbe portare indietro tutto quello che ho imparato. La mia terra ha bisogno di giovani che tornino con idee nuove, competenze, e voglia di costruire”. Il cammino di Christian non è stato semplice. “Lasciare la Sardegna, la famiglia, gli amici… non è stato facile. A volte, i miei sogni sono stati vissuti come un ostacolo da persone vicine. Ma rifarei tutto. Perché oggi sento di essere sulla strada giusta”. Un pensiero speciale va al nonno Gianfranco: “Mi ha sempre sostenuto, con amore e silenziosa fiducia. Senza di lui, forse, non sarei qui”.
Christian Migliarese è la prova concreta che con passione, visione e sacrificio si può partire da un’isola e raggiungere il mondo. Ma soprattutto, che si può restare legati alla propria terra anche quando si è lontani. Con un obiettivo chiaro: “Costruire qualcosa che resti. Qualcosa che possa cambiare la vita di chi soffre”.

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