Alghero: non ci sono abbastanza flebo per una donna col morbo di Crohn. “Vediamo mia madre morire di fame”
La donna, 43 anni, deve sottoporsi a un altro intervento ma deve aumentare di peso e, ad Alghero dove vive, le flebo che le occorrono sono terminate. "Nella farmacia ospedaliera ci hanno spiegato che non ne hanno altre. Vediamo mia madre morire di fame", racconta una delle figlie
La donna, 43 anni di Alghero, è affetta da circa 20 dal morbo di Crohn, un’infiammazione cronica dell’intestino, che le impedisce di assorbire gli alimenti. A breve dovrà sottoporsi all’ennesimo intervento ma, per farlo, deve aumentare di peso e nutrirsi con delle flebo che, però non sono disponibili. La notizia è stata riportata da La Nuova Sardegna.
“Conviviamo con questo problema da vent’anni – dice la figlia più grande, Noemi, 20 anni -. Mia madre in questo tempo ha subito diversi interventi, ma all’inizio di ottobre siamo arrivati al Gemelli tramite un gastroenterologo del Brotzu di Cagliari. Lì è bastata una visita per diagnosticare una fistola duodeno-ileale che non le consente di digerire e assorbire gli alimenti”. Ora è necessario un intervento, al quale la madre dovrebbe sottoporsi tra un paio di settimane.
“All’ospedale Gemelli di Roma le hanno prescritto sacche da 2.200 calorie di Olimel – continua la figlia -. Ma ad Alghero, le sono state date confezioni con quantitativo minore. Siamo partiti da mille calorie, e ora siamo a 1.700, ma non basta: in due settimane ha preso solo un chilo. Nella farmacia ospedaliera ci hanno spiegato, con un certo imbarazzo, che non ne hanno altre. Vediamo mia madre morire di fame”.
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Caos nel carcere di Bancali: detenuto per terrorismo aggredisce due agenti e li minaccia di morte
Il detenuto "già noto alle cronache penitenziarie per il suo fondamentalismo islamico e per essere stato protagonista di molti eventi critici durante la detenzione", denuncia Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe.
“Questa mattina, un detenuto, già protagonista di eventi critici in carcere – fa sapere Antonio Cannas, delegato per la Sardegna del SAPPE – ha aggredito due Agenti di Polizia addetti alla sorveglianza, ai quali va tutta la nostra solidarietà. I due, colpiti da calci e pugni in maniera proditoria dall’uomo, sono stati poi sottoposti alle cure mediche ospedaliere. Dopo attimi di paura solo grazie alla scaltrezza e professionalità dei poliziotti in servizio, è stato scongiurato il peggio”.
“L’uomo”, aggiunge il sindacalista, “detenuto ristretto ad Alta sicurezza 2 in quanto a rischio radicalizzazione islamica, dopo essere uscito dalla cella per effettuare una telefonata una cella, non voleva farvi rientro perché, a suo dire, aveva bisogno di un bastone per supporto. Nonostante i colleghi lo hanno aiutato in tutti i modi, anche facendolo parlare con l’addetta alla mediazione culturale, prima ha scagliato contro i poliziotti dei liquidi malsani contenuti in un bicchiere di plastica, poi li ha minacciati di morte fino a scagliarsi fisicamente contro di loro, colpendoli al visto, al collo, al ginocchio, al polso, alla spalla”. “Purtroppo, nel carcere di Bancali, negli ultimi mesi – conclude Cannas – continuano ad essere destinati prevalentemente detenuti che, negli istituti di provenienza, pare si siano resi promotori di eventi simili. Si tratta di soggetti di difficile gestione, tanti affetti anche da problemi psichiatrici”.
Il detenuto “già noto alle cronache penitenziarie per il suo fondamentalismo islamico e per essere stato protagonista di molti eventi critici durante la detenzione”, denuncia Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe, “ha aggredito senza una ragione e vigliaccamente il poliziotto penitenziario di servizio. Tutto questo non è più tollerabile. Non è possibile che il personale vada a lavorare per guadagnarsi da vivere e torni a casa con la testa, le braccia o le gambe rotte. Ormai, nelle carceri, si rischia la vita tutti i giorni, a causa del disastro causato negli ultimi anni passati da riforme folli, volute da ideologi che non hanno mai avuto a cuore la sicurezza del personale e dell’intero sistema penitenziario”.
“E’ necessario chiudere in sezioni diverse i detenuti facinorosi e ridurre le ore di apertura al minimo previsto”, conclude Capece, “fino a quando gli stessi non maturano la consapevolezza del rispetto delle regole”.
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