È conosciuta soprattutto per la sua azione pungente, urticante, così come ricordato anche dal nome sardo che in alcune varianti è pitzianteddu o pìtiga-pìtiga. Addirittura nella lingua italiana l’ortica acquisisce un senso figurato per indicare motivo di forte irritazione, di pentimento, o per indicare situazioni di totale abbandono (se diciamo che in un posto ci crescono le ortiche, vuole dire che è completamente trascurato). Eppure questa nomea negativa non rende giustizia ad una pianta che, al di là della sua esteriorità così poco attraente, fin dall’antichità è conosciuta per le sue numerose proprietà benefiche.
Per farcele illustrare, abbiamo chiesto quale sia il suo uso erboristico alla biologa erborista Isabella Lisci, che ce ne elenca davvero tante: «A livello generico se n’è sempre fatto un uso prevalentemente topico grazie alle sue proprietà astringenti, disinfettanti ed emollienti. In particolare, – ci spiega l’esperta – queste venivano sfruttate preparando decotti che restituivano lucentezza ai capelli, contro la forfora e la tendenza ad ingrassare». Pianta ubiquitaria, l’ortica è alleata della bellezza ma anche della salute: «La tradizione vuole che si usasse per problemi di tipo cardiovascolare grazie alla sua azione stimolante alla contrazione del cuore, che favoriva il controllo della pressione». Se questa tradizione si basava su usi empirici, oggi la fitoterapia è una scienza, e gli studi più recenti hanno confermato la presenza di principi attivi che effettivamente espletano tali funzioni.
La funzione principale è tuttavia quella antianemica e ricostituente: «Questa pianta è ricca di ferro e di acido folico, di minerali e di vitamine, ed è quindi particolarmente indicata in caso di anemia o dopo una malattia per recuperare le forze». Anche la clorofilla gioca un ruolo importantissimo, dato che «Ha una struttura chimica molto simile all’emoglobina». Altra azione importante è quella vasocostrittrice ed emostatica: «Si utilizza spesso per le epistassi ma anche per le emorragie uterine; restando poi in ambito ginecologico, – prosegue l’erborista – si può usare anche come galattogena per stimolare la produzione di latte, ma è assolutamente vietata in gravidanza perché stimola le contrazioni uterine, e infatti – aggiunge – in passato veniva sfruttata come abortivo».
Altre qualità, più marginali ma comunque importanti, sono quelle diuretica e depurativa, «Soprattutto per reni e fegato grazie ai flavonoidi e all’acido glicolico e glicerico», quella astringente, e quella antinfiammatoria e antidolorifica. Tutto ciò grazie «Non ai singoli principi attivi ma al fitocomplesso, ovvero l’insieme delle sostanze che agiscono in sinergia dando esiti benefici senza effetti collaterali, cosa che – ci ricorda Isabella – avviene in tutte le piante, e in questo sta la loro forza».
Antichi anche gli usi alimentari dell’erba, che cominciano ora a tornare in voga: «Mia nonna mi raccontava che in periodo di guerra si facevano zuppe, frittate e ravioli. Ovviamente – precisa – l’azione urticante viene meno durante la cottura, e rimane un gusto molto gradevole».
L’utilizzo in agricoltura come fertilizzante e antiparassitario e quello nell’industria tessile per creare fibre resistentissime completano il quadro di questa preziosa pianta, che merita sicuramente il superamento dei pregiudizi. D’altra parte, basta un paio di guanti e il problema è superato.