Che il giorno dello scambio delle fedi in quest’ultimo decennio si sia trasformato in un vero e proprio business è un dato di fatto. Le dimensioni del giro d’affari intorno al mondo del wedding lo dimostrano. Esistono wedding planner, organizzatori di matrimoni, che sono delle vere e proprie star strapagate, in Italia per farsi organizzare il matrimonio da Enzo Miccio, il re dei matrimoni, occorre aspettare anni. Il proliferare di format televisivi incentrati sul giorno del “Sì” ha sicuramente contribuito a questa trasformazione. E senza scomodare grossi, grassi e grossolani matrimoni gipsy tutti tempestati di swarovski, i risultati sono sotto i nostri occhi: party imbarazzanti, banchetti smisurati, cerimonie grottesche in cui la sobrietà è bandita per principio, con il risultato che alla fine la vera ragione per la quale parenti e amici si riuniscono, sancire l’unione tra due persone che si amano, viene completamente dimenticata.
Ma fortunatamente in Sardegna ci sono ancora coppie che optano per la tradizione. Come Irene Sollai e Alessandro Sacceddu, la coppia che ieri si è sposata col rito de Sa Coja Antiga. Se è vero che le celebrazioni durano quattro giorni, perché costituite da una serie di eventi collaterali, il giorno del matrimonio però, è davvero l’unione degli sposi quella che si festeggia. Al primo posto ci sono le emozioni, a partire dalla benedizione. Alessandro, pronto per la prima benedizione, sembrava avere la situazione sotto controllo: «stanotte ho dormito meno di due ore- ha affermato ostentando tranquillità- ma sono pronto. Ho chiesto a Irene se le sarebbe piaciuto sposarsi con questo rito e lei era d’accordo. In altre occasioni aveva partecipato a Sa Coja Antiga come gruppo di supporto alla sposa e aveva provato una fortissima emozione. Già prima che glielo chiedessi, aveva espresso a suo padre il desiderio di sposarsi col matrimonio selargino».

Dopo la vestizione, lo sposo si è inginocchiato per la benedizione e il rito si è svolto serenamente, Alessandro sorrideva e teneva a bada le emozioni. Anche Irene nel momento della sua benedizione è parsa raggiante ma controllata. Tutto è cambiato quando Alessandro, scortato dai carabinieri in alta uniforme, è giunto a casa della sposa e i due hanno incrociato i loro sguardi, la commozione ha vinto su tutto. Nel momento in cui i promessi sposi sono stati benedetti inginocchiati l’uno accanto all’altra, circondati dai parenti, non è stato più possibile trattenere le lacrime per entrambi. E l’emozione si è protratta durante tutta la messa, officiata in gran parte in sardo, fino al momento forse più rappresentativo dello sposalizio selargino, la catena nuziale: quando la sposa infila al dito dello sposo l’ultimo anello della grossa catena d’argento che porta legata alla cintura. Si potrebbe sfidare anche il più abile dei wedding planners, ma nessuno riuscirebbe a organizzare un matrimonio così coinvolgente.

Nemmeno con la torta nuziale fatta di gateau o gattò, un’opera d’arte realizzata nel solco della tradizione e che fa impallidire i moderni cake designer è possibile eguagliare l’originalità di questo matrimonio unico nel suo genere. Ma probabilmente il momento più emozionante della giornata è stato quando, nella splendida chiesa romanica di San Giuliano, Irene e Alessandro hanno sigillato la loro promessa d’amore. Questa bellissima tradizione prevede che gli sposi, dopo aver scritto la loro promessa reciproca, senza farla leggere a nessuno, la sigillino con la cera lacca dentro un’urna e la riaprano solo tra 25 anni. E l’emozione sarà fortissima, ieri infatti due coppie hanno aperto le loro urne per rileggere le promesse fatte tanto tempo prima. Una delle due coppie, marito e moglie francesi che si sono sposati col rito selargino, 31 anni fa, ieri sono venuti a riprendersi quella promessa d’amore letta in pubblico dalle loro figlie ormai grandi. A dimostrazione, e ce n’è tanto bisogno, che l’amore, quello con la A maiuscola esiste davvero.
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