“No say the cat…”. Trapattoni compie 80 anni: gli auguri all’ex allenatore filosofo del calcio

Sono tanti i titoli nazionali che Trapattoni ha vinto da allenatore; con un record per scudetti vinti in Italia, ben sette, il Trap ha vinto anche in altri tre Paesi europei come Germania, Portogallo e Austria. Tanti anche i premi internazionali come la Coppa dei Campioni, vinta due volte con il Milan.
Giovanni Trapattoni compie oggi 80 anni e se li porta benissimo. L’ex giocatore e allenatore italiano di calcio è nato il 17 marzo 1939 a Cusano Milanino (Mi). Quasi 300 presenze in serie A da giocatore (con ruolo di mediano, ndr) e diversi record per numero di coppe vinte da giocatore e da allenatore.
Sono tanti i titoli nazionali che Trapattoni ha vinto da allenatore; con un record per scudetti vinti in Italia, ben sette, il Trap ha vinto anche in altri tre Paesi europei come Germania, Portogallo e Austria. Tanti anche i premi internazionali come la Coppa dei Campioni, vinta due volte con il Milan.
Per tredici anni, Trapattoni è stato allenatore della Juventus, ma prima c’è stata la parentesi breve al Cagliari e al Milan, passando poi all’Inter. Segue poi la panchina triennale al Bayern Monaco. Nel 2000 è ct della nazionale italiana con la quale però non riesce a brillare. Da qui la decisione, dopo 4 anni, di seguire il Benfica in Portogallo, squadra che ha portato alla vittoria del campionato. In Austria allena il Salisburgo con il quale vincerà lo scudetto. Dopo l’Austria, arriva l’ultimo incarico di Trapattoni come ct della nazionale Irlandese sino al 2013.
La sua voglia di comunicare il calcio ha sempre superato lo scoglio linguistico italiano e straniero. Di Trapattoni sono celebri le frasi, a volte anche mal tradotte in diverse lingue straniere, che il mister pronunciava durante le conferenze stampa. Il campionario di modi di dire, storpiature e aforismi è infinito. Tra questi, il lapidare “No say the cat is in the sack, when you have not the cat in the sack”, che riportato correttamente sarebbe “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, modo di dire che in inglese suona decisamente diverso “Don’t jump the gun”.
A Trapattoni arrivano in queste ore gli auguri da tutti i grandi giocatori che ha allenato ma anche dalle sue ex squadre, come il Cagliari.
Meraviglie di Sardegna: la domus de janas di Sant’Andrea Priu, uno dei monumenti preistorici più spettacolari d’Europa

Si tratta di uno dei monumenti più belli e spettacolari della Sardegna: la domus de janas di Sant'Andrea Priu nel territorio di Bonorva.
Meraviglie di Sardegna: la domus de janas di Sant’Andrea Priu uno dei monumenti preistorici più spettacolari d’Europa.
Si tratta di uno dei monumenti più belli e spettacolari della Sardegna: la domus de janas di Sant’Andrea Priu nel territorio di Bonorva.
Situata nel territorio di Bonorva, nel cuore della Sardegna, questa straordinaria necropoli prenuragica scolpita nella trachite risale a oltre cinquemila anni fa, ed è un autentico scrigno di misteri, simbolismi e trasformazioni culturali che attraversano i millenni. Le sue origini si collocano nel periodo neo-eneolitico, tra il IV e il III millennio a.C., ma la sua storia non si ferma alla preistoria: è un luogo vissuto, riadattato, trasformato e continuamente reinterpretato dall’uomo attraverso le epoche, dall’Età Romana fino al Medioevo, lasciando tracce visibili e suggestive di ogni passaggio.
La necropoli si sviluppa a meno di dieci chilometri da Bonorva, su una piana nei pressi del villaggio di Rebeccu, dove un affioramento roccioso lungo 180 metri e alto 10 è stato scolpito con incredibile maestria per creare un complesso funerario composto da venti domus de Janas. Alcune sono ricavate sulla parete verticale, altre direttamente sul pianoro, ma tutte custodiscono al loro interno un prodigio di dettagli architettonici che riproducono le abitazioni dell’epoca: vere e proprie case scolpite nella pietra, con nicchie, portelli, banconi, ambienti comunicanti e persino focolari in rilievo, per accompagnare i defunti nel loro viaggio nell’aldilà come se fossero ancora nel calore della propria dimora terrena.
Tra tutte, spicca in modo imponente la cosiddetta “Tomba del Capo”, un autentico labirinto ipogeo di 250 metri quadrati composto da 18 ambienti disposti attorno a due vani principali. L’ingresso, attraverso un atrio, conduce in una spaziosa anticella semicircolare di sette metri di diametro, che apre a due celle rettangolari disposte in asse longitudinale. Da queste si diramano numerose stanze secondarie, con ulteriori vani, piccole nicchie e banchi in pietra, in un intricato ma armonioso intreccio di ambienti. Al centro di alcuni spazi si trovano delle coppelle votive incise nel pavimento – tre nella prima anticella e ben quindici nella cella maggiore – usate probabilmente per rituali e offerte. Il soffitto è scolpito con una raggiera di solchi che simula le antiche travature lignee dei tetti delle capanne eneolitiche, in un esempio di maestria tecnica e valore simbolico davvero straordinario. La tomba a capanna, di forma circolare, preceduta da un vano rettangolare, rafforza questa volontà di riprodurre con precisione e sacralità gli spazi domestici in chiave funeraria.
Non mancano suggestioni simboliche anche nelle tombe minori: in una di esse si distingue chiaramente un focolare ricavato nel pavimento, con un anello in rilievo, testimone silenzioso di una spiritualità radicata nella quotidianità e nella centralità del fuoco. E al di sopra delle tombe, svetta una roccia dalle forme sorprendenti: nota come “il Campanile” o “Toro Sacro”, è un maestoso monolito modellato non dalla mano umana, ma dagli agenti atmosferici, che ha alimentato per secoli racconti e interpretazioni mitiche.
Ma la straordinaria storia di Sant’Andrea Priu non finisce qui. La necropoli, infatti, fu riutilizzata in epoca romana e successivamente bizantina, fino al Medioevo. La stessa Tomba del Capo venne trasformata in una chiesa rupestre, diventando uno dei primi luoghi di culto cristiano in Sardegna. Durante le persecuzioni, fu qui che i primi cristiani dell’isola si rifugiarono per pregare e celebrare i riti, in uno spazio che da pagano divenne sacro. L’ambiente principale fu intonacato più volte e decorato con affreschi che rappresentano scene del Nuovo Testamento: una vera meraviglia dell’arte romanica sarda. Intitolata a Sant’Andrea, la chiesa fu probabilmente già adattata al culto in epoca bizantina e venne riconsacrata nel 1313 dal vescovo di Sorres, Guantino di Farfara. Gli ambienti furono riorganizzati secondo le funzioni liturgiche: un nartece per i catecumeni, una navata per i fedeli e un presbiterio per gli officianti.
In questo straordinario spazio, le tracce del tempo convivono in un’unica narrazione: accanto a disegni geometrici e pitture rupestri in ocra rossa di epoca preistorica, compaiono iscrizioni medievali, affreschi paleocristiani e scene religiose che raffigurano momenti fondamentali della vita di Gesù, dall’Annunciazione alla Visitazione, dalla Natività all’Adorazione dei Magi, dalla Presentazione al Tempio fino alla Strage degli Innocenti, passando per la figura di San Giovanni Battista. Sulla parete centrale, domina la scena un Cristo in trono, benedicente, attorniato dai quattro evangelisti. È un patrimonio artistico e spirituale straordinario, miracolosamente conservato, che racconta la continuità di fede e di sacralità di un luogo unico al mondo, dove la pietra parla, l’arte resiste e la memoria vive.

© RIPRODUZIONE RISERVATA