Bari: nasce malato e i genitori lo abbandonano in ospedale
Il piccolo, un mese e mezzo di vita, è nato con una malattia metabolica e un problema cardiaco. I genitori, qualche giorno fa, hanno varcato le porte dell'ospedale e non sono più tornati
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Una terribile vicenda che arriva da Bari. Un bambino di 48 giorni di nazionalità romena è stato abbandonato dalla mamma nell’ospedale Giovanni XXIII di Bari, dove era ricoverato da alcuni giorni per una malattia metabolica e problemi cardiaci diagnosticati fin dalla nascita. Come riporta La Gazzetta del Mezzogiorno, immediatamente è partita la gara per la solidarietà, con medici e infermieri che fanno doppi turni per non lasciarlo solo e alcuni volontari che si sono attivati per portargli abiti, pannolini e altro.
A quanto si apprende il bambino è nato a Taranto il 24 settembre e dopo pochi giorni è stato trasferito nell’ospedale pediatrico di Bari. Dopo i primi accertamenti i medici gli hanno diagnosticato una patologia metabolica, la leucinosi, e un problema cardiaco. Il piccolo è stato quindi trasferito nel reparto di malattie metaboliche del Giovanni XXIII dove si trova attualmente ricoverato. La mamma è stata con lui fino a qualche giorno fa, ma poi ha lasciato l’ospedale e non vi ha più fatto ritorno. L’ospedale ha provveduto subito a segnalare l’accaduto alle autorità competenti, forze dell’ordine, servizi sociali e Tribunale per i Minorenni.
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Saviano torna a parlare di criminalità in Sardegna dopo la maxi operazione antidroga

“Oggi le indagini confermano quanto detto allora. Parlare di criminalità organizzata non è diffamare, ma fare informazione. Difendere una terra significa non negare i fatti”, scrive lo scrittore.
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Dopo la maxi operazione antidroga in Sardegna, Roberto Saviano torna a parlare della criminalità sull’Isola con un post sui social. Ricorda le polemiche dei mesi scorsi, quando aveva denunciato gli assalti ai portavalori attribuendo i gruppi responsabili al Nuorese, scatenando le reazioni di politici locali.
“Oggi le indagini confermano quanto detto allora. Parlare di criminalità organizzata non è diffamare, ma fare informazione. Difendere una terra significa non negare i fatti”, scrive lo scrittore.
Un intervento che riaccende il dibattito su informazione, identità dei territori e libertà di raccontare anche le cronache più scomode.
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