Dalla sabbia calda della penisola del Sinis potrebbe nascere una nuova generazione di tartarughe marine. Il 17 luglio, sulla spiaggia di Sa Mesa Longa, nella marina di San Vero Milis (OR), è stato individuato un nuovo nido di Caretta caretta, la tartaruga comune del Mediterraneo. Si tratta del terzo nido rinvenuto in Sardegna nel 2025, e del secondo nell’area del Sinis in appena una settimana, dopo quello scoperto il 10 luglio a Maimoni, nel territorio di Cabras (OR).
Come riporta Arturo Inturri di Tartapedia – Tartarughe e Testuggini, il ritrovamento è stato accolto con entusiasmo, ma non con sorpresa, dagli operatori della Rete Regionale per la Conservazione della Fauna Marina della Sardegna, che seguono con attenzione l’evoluzione di questi eventi. Secondo i biologi, la breve distanza temporale e geografica tra i due nidi suggerisce che possa essere lo stesso esemplare femmina ad aver deposto le uova in entrambe le spiagge. Una conferma potrà arrivare solo al momento della schiusa, attraverso l’ispezione dei nidi.
Le aree interessate sono già state delimitate e messe in sicurezza, e per tutta la durata dell’incubazione – stimata in circa 50 giorni, ma soggetta a variazioni legate alle condizioni microclimatiche – saranno costantemente monitorate da biologi del CNR, volontari e autorità locali. I parametri come temperatura della sabbia, umidità, insolazione e ventilazione possono infatti influenzare sensibilmente i tempi di schiusa.
Prima di Sa Mesa Longa e Maimoni, un altro nido era stato scoperto a Maladroxia (Sant’Antioco) lo scorso 30 giugno, inaugurando così una stagione particolarmente attiva per la nidificazione delle tartarughe marine in Sardegna. Un trend incoraggiante che lascia intravedere una possibile espansione delle aree di riproduzione della Caretta caretta nel Mediterraneo occidentale.
La penisola del Sinis, già riconosciuta per il suo alto valore ecologico, si propone così come nuovo hotspot per la biodiversità marina, dove la presenza delle tartarughe marine si intreccia con il delicato equilibrio degli ecosistemi costieri. Offrire a queste piccole vite la possibilità di raggiungere il mare significa anche sperare che, un giorno, possano tornare.
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