Parla Mohamed Sangare, il migrante che ha restituito la carta di credito: “Ma non chiamatemi eroe”

Mohamed Sangare, il migrante ivoriano che la settimana scorsa ha trovato una carta di credito e l'ha restituita al proprietario, non si considera un eroe. E lancia un appello contro i pregiudizi e la discriminazione.
«Non sono un eroe, ho fatto una cosa normale che avrebbe fatto chiunque». Mohammed Sangare non si aspettava di finire sui quotidiani cagliaritani. Lui è il ragazzo della Costa D’Avorio che proprio una settimana fa, mentre era in giro in centro per consegnare curriculum, ha trovato una carta di credito e si è attivato per cercare su Facebook il proprietario, un turista norvegese in vacanza in città; ha trovato la zia, una cagliaritana, con la quale si è incontrato in piazza Matteotti per restituirgliela.
Non è la prima volta che Mohammed trova qualcosa e la restituisce: la prima volta trovò un portafogli in piazza Italia a Pirri e la seconda volta successe la stessa cosa fuori dallo stadio dopo la partita Cagliari-Juventus. Tuttavia Mohammed (conosciuto anche come Hamed Chala) non se ne vanta: è la normalità, ribadisce ancora una volta.
Quando arrivò a Cagliari, il 26 aprile 2015, dopo essere stato soccorso insieme ad altri migranti al largo della Libia, Mohammed era uno dei tanti minori non accompagnati; è stato ospite presso Casa Emmaus a Iglesias per 10 mesi, dove ha cominciato a studiare l’italiano (che sta imparando molto bene), e attualmente è ospite della sede di Pirri della cooperativa Isar Cop. Ora ha 20 anni, ha conseguito la licenza media e sta studiando elettrotecnica. «In futuro vorrei fare l’elettricista», confida. Nel mentre, fa parte dello staff di Radio Shardana Blues come direttore tecnico.
Dice di trovarsi bene in Sardegna: «Voglio rimanere a vivere qui anche in futuro». Certo, non nega che i pregiudizi verso le persone con la pelle nera siano molto forti, ma lui tende la mano e lancia un appello: «Non odio chi ci discrimina, nessuno nasce razzista, purtroppo qualcuno lo diventa perché non ci conosce abbastanza. Per questo vorrei che ci sedessimo attorno a un tavolo per parlare di immigrazione e spiegare le nostre reciproche ragioni. Solo il dialogo può cambiare le cose. Siamo tutti uguali, cambia il colore della pelle ma il colore del sangue è lo stesso. Molti pensano che siamo cattivi, ma i cattivi esistono sia tra i neri che tra i bianchi, tra gli stranieri e tra gli italiani».
«Oltre Casa Emmaus, ringrazio anche Isar Cop, in particolare Graziella Cani, che mi hanno aiutato e mi stanno aiutando tantissimo a integrarmi», conclude.

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