Polemiche sull’ospedale Businco di Cagliari. La parola alle pazienti del quinto piano
Il gruppo Abbracciamo un sogno ha voluto prendere le distanze dalle dichiarazioni della donna, difendendo invece l'operato dei medici e di tutto il personale del reparto.
Lunghe attese e servizi scadenti sarebbero al centro di una polemica nata fra i pazienti del day hospital del quinto piano dell’ospedale Businco di Cagliari, alle quali è stata data voce da una tv locale. A polemiche di questo tipo, spesso si associano tanti pazienti che di quei servizi usufruiscono ogni giorno ma questa volta la nascita di queste lamentele ha scatenato l’indignazione delle pazienti oncologiche dell’ospedale che fanno parte del gruppo Abbracciamo un sogno.
Dopo un’intervista, andata in onda in una tv locale, nella quale una paziente lamentava disservizi nel day hospital del quinto piano, il gruppo Abbracciamo un sogno ha voluto prendere le distanze dalle dichiarazioni della donna, difendendo invece l’operato dei medici e di tutto il personale del reparto. «I problemi della sanità- scrivono i pazienti in una nota – si affrontano nelle sedi preposte, senza strumentalizzazione, senza alimentare paure, senza creare “mostri” , che non ci si prende la briga di conoscere, in chi di suo vive la paura e la destabilizzazione di una prima diagnosi e che sarà affidato a spazi sconosciuti che, ad urla, sono definiti insicuri e privi di umanità».
In risposta alle polemiche, poi, alcune pazienti del Quinto piano ci hanno messo la faccia e hanno difeso l’ospedale e i servizi che esso offre ogni giorno attraverso il lavoro dei medici, infermieri e degli operatori. Cristina Mocci è in cura qui da 10 anni e commenta così:
«Mi permetto di sottolineare alla signora (intervistata, ndr) che il numeretto erogato dall’eliminacode (strumento assistito con grande amorevolezza e umanità dalle volontarie di Uniti per la Vita) è uno strumento in vigore non solo nei presidi ospedalieri di eccellenza in tutta Europa, in Italia e nel mondo, ma in tutte le realtà della vita quotidiana che richiedono un’organizzazione. Che siano le Poste, gli uffici pubblici o il salumiere. […] Io non mi sento né umiliata, né offesa se devo prendere un numeretto per effettuare la terapia, così come non credo che sia fondamentale creare barriere tra pazienti in cura da anni e chi affronta il “problema” per la prima volta. […] Io posso dire che la mia esperienza al 5° piano del Businco è quella di aver a che fare da 10 anni con persone di estrema professionalità, anzi di eccellente professionalità. Che si sforzano anche in situazioni di crisi portando avanti il loro lavoro con grande empatia. Non mi sono mai sentita umiliata o delusa da nessuno di loro.
Potrei fare i nomi di tutti, dagli oncologi/e che mi hanno seguito, alle infermiere che mi hanno sempre assistito con molto di più della pur richiesta professionalità. L’umanità, l’empatia e la simpatia, che sono una plusvalenza preziosa. Personalmente non posso che provare un’infinita gratitudine nei confronti di tutti loro. […] Non credo neanche che i rapporti umani si rinsaldino di fronte ad un bar fisico piuttosto che ad una macchinetta. Anche qui di cosa si parla? Ma vi pare un Problema? Certo, tutti preferiscono un cornetto fresco e un cappuccino fatto all’istante da un essere umano, piuttosto che da una macchina, ma ripeto, non mi sembra neanche il caso di parlarne o di farlo diventare un problema. Le persone, se vogliono, possono socializzare e creare un legame umano di fronte a un bar fisico o ad una macchinetta».
Della stessa opinione è Paola Masia:
«Mi preme sottolineare il mio totale dissenso da ciò che ho letto sul quinto piano. Io non mi sento dal salumiere se prendo un numero per fare una terapia, una visita o un prelievo. Il Businco è un centro di eccellenza regionale e come tale è “ frequentato” da tante persone speranzose di guarire».
Stefania Parodo ricorda la sua esperienza dalla diagnosi alla terapia:
«Credo ci siano diverse cose da migliorare, per rendere più confortevole la permanenza di qualche ora o di qualche giorno, basta stare dieci minuti al quinto piano e osservare come procedono le cose: i pazienti sono tanti e il personale, pur oberato di lavoro, non è mai frettoloso e dedicano il tempo necessario ad ogni paziente e in accettazione risolvono ogni richiesta in tempo zero, e ce ne sono tante».
E ancora Claudia Puddu che precisa sulla questione del “numeretto come fossimo dal salumiere”:
«Voglio dire grazie a chi mi chiama per nome dopo essermi registrata con quel numero all’accettazione (definirei questo metodo semplicemente “organizzazione funzionale”), perché all’oncologico non sei un numero ma sei una persona con un’identità, perché ci si prende cura non del paziente ma della persona, io questa la definisco buona sanità che dobbiamo valorizzare».
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