Quattro figlie vittime di una madre troppo crudele e schiava delle credenze popolari, uno scenario arcaico e medievale, la ricerca disperata della strada verso la libertà: questo è il racconto della Sardegna che la scrittrice Anna Melis propone nel suo terzo romanzo, “Lunissanti”. Un viaggio alla scoperta della superstizione sarda ambientato nella rocca di Castelsardo che ruota attorno alla storia di una famiglia del Novecento, composta da sole donne. Il libro mostra uno spaccato della Sardegna medievale di un tempo, un tuffo nel passato che racconta le tradizioni più difficili da accettare del popolo sardo.

L’autrice, nata a Cagliari nel 1974 ma residente a Bologna, ha ottenuto grande riconoscimenti dai giurati del Premio Calvino tra cui Michela Murgia, Daria Galateria e Daniele Giglioli grazie al suo primo romanzo “Da qui a cent’anni”, pubblicato nel 2012 da Frassinelli. Nel 2014 ha pubblicato il suo secondo libro, L’ultimo fiore dell’anima, e ora presenterà Lunissanti con un tour in Sardegna organizzato per Éntula dall’associazione Lìberos.

Gli appuntamenti inizieranno venerdì 13 luglio al Castello Giudicale di Sanluri alle 19, con la partecipazione di Maura Lusci. Proseguiranno mercoledì 18 luglio alla Libreria Nuova Godot di Isili alle 18.30 con Francesca Piras, e il terzo appuntamento è previsto giovedì  19 luglio al Chiostro del Carmine di Oristano alle 21 con Paola Aracu. Arriverà nel capoluogo della regione venerdì 20 luglio alla Libreria Ubik con inizio alle 19 tenuto da Cristina Caboni. Le ultime tappe saranno martedì 24 luglio in piazza Lamarmora ad Iglesias alle 19 con Enrica Ena e mercoledì 25 luglio a Carbonia, alla Libreria Lilith, sempre alle 19.

In Sardegna ci sono delle usanze e delle tradizioni legate a gesti quotidiani e di origine antichissima che sono ancora oggi radicati tra le persone.

Molti di questi gesti entrano in gioco quando ci si siede a tavola per mangiare o per bere insieme ad amici e parenti.

Se vivete in Sardegna o frequentate spesso l’Isola vi sarete accorti che quasi nessuno si permette di versare il vino o la birra con la mano storta, “a manu revessa”, ovvero con le nocche girate verso il calice e non verso l’alto.

In questo caso il galateo c’entra fino a un certo punto. La questione riguarda più l’onore e il rispetto (ma anche la sicurezza!) della persona a cui si sta servendo da bere. Per tradizione infatti, chi si “macchia” di questa “nefandezza” viene automaticamente considerato un traditore.

Ma perché questo avviene? La spiegazione è molto precisa. Anticamente molte persone che volevano eliminare un rivale senza che questi se ne accorgesse volgendo la mano al contrario nell’atto della mescita, lasciava cadere all’interno del calice una piccola quantità di veleno nascosta in uno scomparto segreto dell’anello.

Questo il motivo per cui si dice che bisogna diffidare da chi versa il vino con la mano al rovescio: un traditore pronto a colpirci alle spalle in un momento di leggerezza.