Turismo esperienziale e filiera etica: ecco come la Sardegna crescerà attraverso la coltivazione della canapa
La canapa come motore di crescita economica e lo sviluppo di un consorzio di agricoltori sardi, questi i temi di Su Canabariu, la prima fiera della Sardegna sulla canapa che si tiene dal 28 aprile al 1 maggio alla Fiera Expo Mediterraneo di Cagliari
Quella della canapa a uso industriale è la scoperta dell’acqua calda. Eppure si tratta di uno dei settori più in crescita all’interno dell’agricoltura sostenibile. Al momento, infatti, sono oltre 48 mila i prodotti in commercio realizzati con questa pianta. Dalle farine alle creme fino ai tessuti, e c’è persino il pecorino sardo alla canapa. Perché è la scoperta dell’acqua calda? Perché si tratta di un vegetale da sempre usato, anche dalle famiglie sarde di qualche generazione fa. Poi il proibizionismo ha creato diversi stereotipi e fatto perdere culture e tradizioni legati a questo materiale. «Se andate a chiedere ai vostri nonni di cosa sono fatti i corredi del loro matrimonio – dice Ramona Bavassano, organizzatrice di Su Canabariu (il canapaio), la prima fiera della canapa in Sardegna – nella maggior parte dei casi vi risponderanno di canapa».
Su Canabariu appunto, un’incontro che si tiene dal 28 aprile al 1 maggio presso la Fiera Expo Mediterraneo di Cagliari, e che ha l’obiettivo di sensibilizzare e ricreare una cultura sulla canapa a scopo industriale. «Attraverso seminari, interviste e workshop creativi – dice Ramona – vogliamo far riscoprire alle persone la lavorazione e l’utilizzo della canapa. Ma sopratutto il nostro scopo è quello di avvicinare consumatori, produttori e agricoltori. In futuro speriamo di creare delle piantagioni regionali creando un consorzio tutto sardo. In questo modo gli agricoltori non dovranno farsi la guerra tra di loro ma lavoreranno in una filiale etica e virtuosa e i produttori potranno usare i semi e le piante cresciute in Sardegna, senza doverle comprare dall’estero (al momento si importa soprattutto dalla Svizzera ndr.)».
La coltura della canapa inoltre è una delle più eco-sostenibili. «Dalla lavorazione della canapa non si butta via quasi niente. Alcuni scarti del prodotto per creme, per esempio, può essere riutilizzato per i tessuti e così via. Ogni piantagione che andremo a realizzare nel territorio sardo poi userà energie rinnovabili e azzererà gli sprechi». Fin qui sembra un mondo solo roseo ma quali sono gli ostacoli principali per la diffusione di una filiera della canapa industriale in Sardegna? «A causa del proibizionismo si è persa la sapienza nel coltivare questa pianta. Una pianta sì resistente ma che ha bisogno di cure attente. Inoltre in Sardegna, e anche in Italia, manca una rete tra i vari coltivatori. Questo crea difficoltà ai produttori nel reperire le materie prime. Noi invece vogliamo creare un primo consorzio sardo per rilanciare l’economia del territorio attraverso la piantagione, la vendita e anche sfruttando eventi collaterali turistici legati al mondo della canapa».
Il progetto Canapandando
Quali sono questi eventi turistici legati al mondo della canapa in Sardegna? «In questo momento il turismo esperienziale è molto in voga. – Spiega Ramona – Noi vogliamo cavalcare questa moda permettendo ai vacanzieri di vivere la raccolta della canapa e di conservarne un proprio ricordo. Come? Semplice, con il progetto Canapandando i turisti dormiranno in camping adiacenti alle nostre piantagioni. Piccole piantagioni a scopo turistico che verranno realizzate non solo in zone di mare. Perché il nostro scopo è anche quello di attirare un turismo delocalizzato rispetto alle mete più conosciute. Quindi creeremo dei campi di canapa turistici anche vicino a siti archeologici, percorsi di trekking e così via. Nei giorni di vacanza le persone potranno vivere la raccolta in prima persona e realizzare creme, farine tessuti da portarsi poi a casa. E nelle ore libere si godranno le spiagge e i paesaggi meravigliosi della Sardegna».
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