Hamburger di insetto: fatti con larve di scarafaggi, eccoli nei supermercati tedeschi

Il loro segreto? Essere esattamente uguali nell'aspetto a quelli di carne. Dopo il successo in Olanda, Belgio e Svizzera, ecco gli "Insekten Burger" anche in Germania. E in Italia, arriveranno mai?
Una panino con insalata, pomodori e un hamburger. Tutto normale se non fosse che non si tratta di carne di manzo, ma di vermi. Come riporta il Tgcom, ad Aquisgrana, in Germania, un supermercato ha iniziato a vendere il nuovo piatto, dopo che in Olanda, Belgio e Svizzera sono stati un successo. I clienti sembrano apprezzare. Il segreto? Hanno lo stesso aspetto degli hamburger tradizionali. In Italia invece gli insetti si possono trovare al ristorante o in eventi dedicati.
Hamburger di insetti
“Insekten Burger” si legge sulla confezione. La materia prima in realtà è una larva di quello che in molti Paesi chiamano lo “scarafaggio bufalo“. Si tratta dei Tenebrionidi, una famiglia di coleotteri alla quale appartengono anche i vermi della farina. Vengono allevati in Olanda e venduti in Germania per ora solo dal supermercato ReWe ad Aquisgrana.
Piacciono ai clienti
Manfred Rödder, un passante, ha detto al Guardian di aver avuto qualche dubbio all’inizio, ma poi “li ho comprati di nuovo perché mi sono sembrati molto buoni”. Secondo Baris Özel, co-fondatore della Bigfoundation, la star up che ha creato gli hamburger di vermi, il segreto è nell’aspetto: sono uguali a quelli di carne. L’idea è nata dopo un viaggio nel sud- est asiatico, dove gli insetti sono un piatto comune. Proposte simili si trovano in Olanda e in Belgio e l’anno scorso sono arrivate anche nei supermercati svizzeri.
In Italia
Nel nostro Paese non si possono ancora vendere alimenti preparati con insetti nei supermercati, a meno di non richiedere l’autorizzazione alla Commissione europea per la sicurezza alimentare. Grazie a questo “lasciapassare” però molti eventi a tema sono già stati organizzati. Come “C’è un insetto nel piatto”, a gennaio 2018, dove venivano servite tartine di vermi e locuste al forno. Ma si tengono anche corsi di cucina in alcune scuole gastronomiche e più di un ristorante li ha inseriti nel menù.

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Quando non c’era il grano, si mangiava Su Pan’Ispeli: conoscete il pane antico della Sardegna?

Citato da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.
In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.
Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.
L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.
Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.
Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.

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