La lana in bioedilizia: il nuovo brevetto made in Sardinia dell’artigiano Costanzo Salis

Arriva un brevetto made in Sardinia che potrebbe rivoluzionare l’utilizzo della lana naturale in bioedilizia, contribuendo al rilancio di una materia prima che non scarseggia certamente nell’isola. Si tratta di un’invenzione frutto di anni di studio e sperimentazioni messe in campo dal maestro artigiano Costanzo Salis, noto per essersi distinto nella produzione e nell’utilizzo del grassello di calce in combinazione con altri prodotti naturali, in particolare con i derivati della canapa sativa.
L’artigiano sassarese Costanzo Salis ha inventato un sistema di coibentazione in cui lana e calce formano un unico strato autoportante. Le sue sperimentazioni sono al vaglio del Dicaar dell’Università di Cagliari, all’interno del progetto Ples (prodotti locali per l’edilizia sostenibile) finanziato da Sardegna Ricerche. Il brevetto made in Sardinia è un’invenzione tutta sassarese, frutto di anni di studio e sperimentazioni messe in campo dal maestro artigiano Costanzo Salis, noto per essersi distinto nella produzione e nell’utilizzo del grassello di calce in combinazione con altri prodotti naturali, in particolare con i derivati della canapa sativa.
La novità. Nella tecnica finora in uso, la coibentazione di lana veniva applicata esternamente alla struttura portante, formando uno strato a sé di isolamento, poi tamponato all’esterno con un ulteriore rivestimento in mattoni. Con l’innovativo sistema di Salis non occorrono tamponature, perché lana e calce formano un unico strato autoportante e coibente. Il sistema comprende una serie di tecniche per diverse soluzioni: intonaco fibrato di calce e lana, cappotto di calce e lana, coibentazione a pavimento e coibentazione a solaio. «Si utilizzano solo materiali bioedili a chilometro zero – specifica Salis –. In Sardegna abbiamo le pietre calcaree, abbiamo la lana, diamoci da fare per dare impulso all’economia».
Grande soddisfazione è stata espressa da Luigi Sanna, funzionario di Confartigianato provinciale Sassari: «Siamo davvero orgogliosi che un nostro associato abbia ottenuto un riconoscimento di questo genere. È un passo importante per le potenzialità legate alla “green economy” su tutta la filiera dell’edilizia, che può avere una ricaduta positiva anche sul mondo delle campagne e su tutto il territorio. Può risultare vincente la combinazione tra calce tradizionale, lana e canapa sativa».
Ma il riconoscimento del brevetto è solo un piccolo passo nell’intenso percorso di ricerca che si sta portando avanti. Il Dicaar, il “Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e architettura” dell’Università di Cagliari, in questi mesi sta coinvolgendo le sperimentazioni di Salis e di altre undici imprese sarde nel progetto Ples (Prodotti locali per l’edilizia sostenibile). Un progetto cluster top down finanziato da Sardegna Ricerche con fondi europei per lo studio dell’utilizzo di prodotti locali, come ad esempio sughero e lana, nell’edilizia sostenibile. «Il fulcro del progetto è verificare la sostenibilità di pareti e solai strutturalmente portanti realizzati in legno sardo – spiega Giovanna Concu, coordinatrice scientifica e responsabile accademica del progetto –. Nell’arco di trenta mesi, dovremo testare il comportamento isolante e coibente dei materiali naturali locali a contatto con questi pannelli strutturali, mediante analisi teoriche e prove di laboratorio. Le imprese potranno così ricevere degli input per migliorare le loro linee di produzione e perfezionare i loro prodotti».

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Una roccia di un verde incredibile che si trova, sempre più rara, in Sardegna: sapete di cosa si tratta e dove trovarla?

Un vero e proprio tesoro naturale, tanto ricercato da essere considerato una pietra semi-preziosa perfetta per essere lavorata in botteghe artigiane. Ma di cosa stiamo parlando?
Immaginate di trovarvi di fronte a una roccia che non è solo affascinante dal punto di vista “estetico”, ma che racconta anche la storia millenaria della nostra Terra. Questa pietra, che negli opifici sardi ha trovato la sua massima espressione, sfoggia colori che spaziano dal rosso mattone al verde intenso, passando per sfumature giallastre e, in alcuni casi, perfino nere. Parliamo di una roccia sedimentaria mono-mineralogica, composta quasi interamente da quarzo e arricchita da impurità di ferro che le conferiscono queste tonalità così vivaci. Un vero e proprio tesoro naturale, tanto ricercato da essere considerato una pietra semi-preziosa perfetta per essere lavorata in botteghe artigiane.
E sapete di quale roccia stiamo parlando? Del celebre diaspro verde, una gemma tipica del Monte Arci, un’area che da secoli affascina per la sua ricchezza geologica. Il diaspro si mostra in tutta la sua varietà cromatica, dal rosso al verde, ma non è raro trovarlo in tonalità più inusuali, come il giallo e il nero.
Se siete curiosi di scoprire tutti i segreti di questa roccia e della sua affascinante formazione, dovete assolutamente fare tappa al GeoMuseo MonteArci Stefano Incani. Qui, la storia del diaspro prende vita attraverso racconti di mari scomparsi e spettacolari eruzioni vulcaniche sottomarine. Questo museo, un unicum in Sardegna, racconta la geologia dell’isola e in particolare quella della Marmilla, una zona che custodisce rocce risalenti a ben 24 milioni di anni fa. La passione di Vincenzo Incani ha dato vita a una collezione straordinaria, che comprende fossili di animali marini antichissimi, diorami che riproducono l’attività del vulcano e, naturalmente, una varietà di minerali, tra cui i celeberrimi diaspri, che si sono formati durante le eruzioni del “vecchio vulcano” del Monte Arci. E per chi cerca un’esperienza ancora più straordinaria, non mancate la “sala flù”, dove minerali dai colori fluorescenti vi lasceranno senza parole.

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