La discoteca Cocò chiude fino a nuovo ordine: l’annuncio online degli organizzatori

La discoteca Cocò di via Newton, visti i recenti casi di meningite tra i giovani cagliaritani chiude i battenti: "Dati i recenti avvenimenti, in segno di lutto e rispetto abbiamo deciso di annullare la serata di mercoledì 28 marzo. (...) Ci rivedremo presto"
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Visti i recenti casi di meningite tra i giovanissimi cagliaritani, uno dei quali è anche costato la vita a Giovanni Mandas, 19enne di Cagliari, la discoteca Cocò ha deciso di chiudere i battenti e lo fa sapere attraverso un post degli organizzatori pubblicato sulla pagina Facebook del locale.
“Il Coco’ ringrazia le organizzazioni Hangover ed Enjoy per la sensibilità dimostrata:
Dati i recenti avvenimenti, in segno di lutto e rispetto abbiamo deciso di annullare la serata di mercoledì 28 marzo. Vi invitiamo a non farvi prendere dalla psicosi e dalla paura, bastano pochi piccoli accorgimenti e la vaccinazione/profilassi per poter stare sicuri.
Auguriamo a tutti delle buone vacanze di Pasqua, ci rivedremo presto con il prossimo megaevento per riprendere da dove ci eravamo fermati.
Lo staff dell’Hangover”.

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Come si dice “piselli” in sardo campidanese? Un viaggio tra lingua, terra e tradizione

Anche un termine semplice e apparentemente banale come “piselli” può diventare il punto di partenza per scoprire la ricchezza della lingua sarda, in particolare del campidanese.
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Come si dice “piselli” in sardo campidanese? Un viaggio tra lingua, terra e tradizione.
Sardegna, terra dalle mille sfumature linguistiche e culturali, crocevia di influenze antiche e orgoglio di una tradizione che resiste al tempo. Qui, ogni parola è un piccolo frammento di storia, ogni suono racconta la vita quotidiana di un popolo che da secoli vive in simbiosi con la propria terra.
Anche un termine semplice e apparentemente banale come “piselli” può diventare il punto di partenza per scoprire la ricchezza della lingua sarda, in particolare del campidanese, la varietà parlata nella parte meridionale dell’isola. Il termine italiano “pisello” affonda le sue radici nel latino pisum, che a sua volta deriva dal greco pison, forma neutra di pisos. Una lunga discendenza linguistica per indicare una pianta umile ma preziosa, coltivata e apprezzata sin dall’antichità. Il pisello è infatti una pianta erbacea annuale della famiglia delle Fabaceae, originaria delle regioni mediterranee e orientali, che ha accompagnato per secoli la dieta e la vita delle comunità agricole. I suoi semi, piccoli e verdi, sono ricchi di amidi e proteine e hanno rappresentato una fonte di sostentamento fondamentale sia per l’uomo sia per gli animali, simbolo di abbondanza e fertilità nei campi. In sardo campidanese, però, il pisello non si chiama semplicemente “pisellu” come si potrebbe pensare per affinità con l’italiano. La lingua locale, con la sua fantasia e dolcezza, preferisce parole come pisuruci o pisurci, e in alcune zone anche prisucci. Tutte queste forme derivano da pisu druci, che significa “pisello dolce”.
Un modo affettuoso e genuino di nominare questo piccolo frutto della terra, con quella dolcezza tipica della parlata sarda che trasforma i suoni in espressioni di appartenenza. Il pisello, dunque, non è solo un alimento ma anche un tassello del vasto mosaico linguistico e culturale dell’isola. Chiamarlo pisuruci significa evocare un mondo di orti familiari, di mani che lavorano la terra, di stagioni che si rincorrono e di una lingua che sa unire passato e presente in un’unica melodia. E così, dietro una semplice parola, si nasconde l’essenza stessa della Sardegna: una terra capace di dare sapore e vita anche alle cose più piccole, mantenendo vivo il legame profondo tra la natura, la lingua e l’identità di un popolo.

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