“Io sono bestemmia” e il manifesto non affisso per violazione della morale e della religione. Parla l’attore Andrea Ibba Monni
Sta per andare in scena lo spettacolo teatrale “Io sono bestemmia” scritto, diretto e interpretato da Andrea Ibba Monni per Ferai Teatro, ma il suo manifesto non viene affisso, almeno non in una determinata zona della città. La locandina, che
Sta per andare in scena lo spettacolo teatrale “Io sono bestemmia” scritto, diretto e interpretato da Andrea Ibba Monni per Ferai Teatro, ma il suo manifesto non viene affisso, almeno non in una determinata zona della città. La locandina, che mostra l’attore stesso a petto nudo, braccia spalancate e con una corona di luci in testa, viene considerata infatti inadeguata per via Bacaredda, in conflitto con le convinzioni morali, civili e religiose. Andrea ci spiega il senso dello spettacolo e del manifesto, che tutto è tranne che di stampo religioso.
Andrea, ci spieghi l’accaduto.
«Abbiamo deciso, dato il notevole successo dello spettacolo “Cuore di tenebra” in scena tre anni fa, di farne una trilogia con tre spettacoli e altrettanti approfondimenti. Abbiamo così iniziato a ideare una campagna pubblicitaria in determinate zone di Cagliari per le quali, a febbraio, abbiamo prenotato e pagato degli spazi pubblicitari per il primo spettacolo e, nel mese di marzo, per “Io sono bestemmia“. Li abbiamo pagati anche per aprile per lo spettacolo “Eros nero” e dunque accade che, dall’ufficio affissioni, ci chiedono ovviamente e giustamente la bozza della locandina che noi presentiamo regolarmente.
È indicativo il fatto che a febbraio abbiano accettato di esporre la locandina del primo spettacolo, che raffigura una ragazza nuda, pelle e ossa, in quanto lo spettacolo tratta di anoressia. In quel momento eravamo particolarmente combattuti se pubblicare o no questa immagine di una nostra attrice che, per rappresentare meglio il dramma dell’anoressia, decide con molta serenità di perdere tantissimo peso seguita sia da noi che dai medici. La locandina viene esposta a febbraio nella dimensione di 3 metri per 6.
Noi a questo punto paghiamo il secondo contributo per la seconda locandina, che raffigura me a petto nudo, con le braccia spalancate, un drappo rosso e un cerchio di luci in testa. Lo spettacolo si chiama “Io sono bestemmia” ed ha un significato molto personale. Io, tra l’altro, ho un forte senso religioso e un profondo rispetto per le religioni: mi sono addirittura laureato con una tesi sull’Islam. La mia carriera attoriale, registica e drammaturgica è ispirata spesso alle vite dei santi, insomma, diciamo che la mia vita privata e carriera lavorativa mi permettono alla mia età di riuscire ad affrontare questa locandina con molta serenità.
Lunedì 19 febbraio i miei manifesti non sono stati affissi, ho telefonato per capire cosa fosse successo e mi hanno risposto che era necessario fare una verifica all’Ufficio Tributi. L’indomani i manifesti non ci sono ancora, telefono di nuovo e mi rispondono che c’è un problema di affissione. A questo punto mi reco all’ufficio di via dei Carroz, dove mi dicono che il manifesto non può essere affisso. Chiedo quindi di mettere nero su bianco le ragioni e scopro, tramite l’Ufficio Stampa del Comune, che le mie locandine violano le regole contrattuali riguardanti la morale comune e la religiosità delle persone. Aspetto quindi che arrivi la comunicazione formale e con il nostro Studio Legale chiediamo il risarcimento del danno subito.
A nostro avviso un uomo a petto nudo con braccia spalancate e un titolo del genere, non vuole essere né è, obbiettivamente, un insulto nei confronti di nessuno. Perché si riferisce alla mia persona. Per cui non lo riteniamo un oltraggio. È anzi oltraggioso che ci sia qualcuno che si arroga il diritto di dire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Se ci si vede un oltraggio alla religione allora io artista non posso esprimermi in nulla. Indicativo è che io abbia violato queste regole per via Bacaredda ma nero su bianco mi invitano a esporre il mio cartellone in viale Diaz, una cosa paradossale. Insistono sul fatto che quest’ultimo abbia la stessa portata pubblicitaria di via Bacaredda, ma se mi fosse interessato viale Diaz l’avrei scelto sin dall’inizio. Noi di Ferai Teatro abbiamo pagato una cifra maggiore per poter scegliere le nostre location. Ci stavano imponendo di cambiare una di queste perché in via Bacaredda potevamo offendere la morale comune e la religiosità della gente. La trovo una cosa ridicola e paradossale».
Come si sente a riguardo?
«Io mi sento ferito, da cittadino perché mi trattano come uno stupido. Come se non fossi in grado di scegliere e ragionare con la mia testa in merito a un cartellone pubblicitario di uno spettacolo teatrale, e da artista mi sento in dovere, oltre che in diritto, di continuare la mia battaglia per la libertà. L’arte rappresenta un conflitto, l’arte è un atto politico e, ora e sempre di più, con le elezioni alle porte il mio ruolo nella società deve essere quello di combattere affinché ognuno di noi si possa sentire libero di esprimere sé stesso senza ipocrisie. Noi siamo quelli che in Sardegna nel 2011 hanno portato il “Monologo della Vagina” di Eve Ensler, e continuiamo la nostra battaglia affinché non ci siano falsità».
Di cosa parla “Io sono bestemmia”?
«Lo spettacolo riprende “Cuore di tenebra”. Nasce da una mia vicenda personale, nei miei primi 30 anni di vita mi sono sentito come Cristo in croce, mi sono sentito umiliato, indifeso, oltraggiato, ultimo tra gli ultimi. Mi sono sentito abbandonato. Cristo quando è in croce urla “Dio perchè mi hai abbandonato” e io cosi mi sono sentito. Ho deciso poi in seguito a un avvenimento particolare, di prendere tutto quel dolore, convertirlo e esorcizzarlo attraverso un atto performativo che si chiama “Cuore di tenebra” e adesso chiudo il cerchio con questo spettacolo. Offro il mio dolore e il mio sacrificio al pubblico come Gesù Cristo in croce. Per carità non sono Cristo, nella misura in cui sono un essere mortale e un peccatore di primo ordine, penso che oggi Cristo sia in tutti gli omosessuali, in tutti i migranti e negli emarginati della società. Io mi ci sono sentito, con molta verità mi sono sentito un Gesù Cristo, e credo anche che la gogna mediatica alla quale ci stanno crocifiggendo e alla quale mi sto prestando sia abbastanza indicativa».
Si sta smuovendo qualcosa a livello legale?
«Abbiamo ricevuto la risposta dello Studio Legale del Comune di Cagliari, che ha scritto al nostro Studio Legale che ci avrebbe risarcito della tassa di affissione. Infatti noi ci riserviamo di chiedere i danni sia per il mancato guadagno sia, appunto, per questa violazione del contratto. È ovvio che ci stiamo mettendo contro il Comune di Cagliari ed è l’ultima cosa che vorrei. Ci tengo a precisare una cosa che il comune di Cagliari forse si è dimenticato: alle ultime elezioni siamo stati, se non sbaglio, gli unici artisti che si sono schierati apertamente a favore della rielezione di Massimo Zedda, ed è trasparente e pacifico. Ho detto all’Amministrazione che lo facevo perché credo in loro, “lo faccio con fede e fiducia in voi che state rendendo questa città così grande”. Spero che il Comune rinsavisca, non voglio soldi, voglio che il Sindaco e l’Assessore Sau mi ricevano, voglio parlare con loro per sapere dove ho sbagliato e per far capire loro che, a quanto pare, c’è chi negli uffici non è propriamente democratico. Loro hanno i miei recapiti, sia privato che lavorativo, sanno dove lavoro e aspetto che abbiano voglia di parlare e spiegarmi. Non voglio credere che la mia locandina non rispetti le regole in via Bacaredda ma sia adeguata in viale Diaz».
IO SONO BESTEMMIA (scritto, diretto e interpretato da Andrea Ibba Monni) sabato 3, 10, 17 (ore 21) – domenica 4, 11, 18 (ore 19) marzo 2018 – Ferai Arts Factory, via Dolcetta 12, Cagliari – biglietteriaferai@gmail.com – 3472763337Daniele Floris Multimedia
Posted by Andrea Ibba Monni on Wednesday, 14 February 2018
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In Sardegna esiste un paesino fondato nel Settecento da coloni greci
Questo comune, oggi abitato da poco meno di 500 abitanti e purtroppo interessato da un forte fenomeno di spopolamento, fu fondato nel 1751 da coloni greci provenienti dalla regione della Maina.
Tra i tanti paesi della Sardegna alcuni hanno origini molto particolari. Tutti o quasi conoscono la storia della “catalana” Alghero e della “ligure” Carloforte. In pochi conoscono invece la storia di un altro comune sardo la cui fondazione è dovuta sempre a popolazioni venute dall’estero.
Stiamo parlando di Montresta, piccolo borgo della Planargia al confine con il Logudoro turritano. Questo paese si trova a pochi km da Bosa, immerso in un territorio selvaggio, suggestivo e incontaminato.
Questo comune, oggi abitato da poco meno di 500 abitanti e purtroppo interessato da un forte fenomeno di spopolamento, fu fondato nel 1751 da coloni greci provenienti dalla regione della Maina, la penisola meridionale al centro del Peloponneso. Le popolazioni arrivarono in Sardegna non direttamente dalla Grecia ma dalla Corsica, isola in cui si rifugiarono nel secolo precedente dopo una cocente sconfitta militare contro i Turchi ottomani.
Furono i genovesi ad ospitarli a partire dagli anni ’70 del ‘700 nell’isola oggi facente parte della Repubblica francese. Tutto cambiò a partire dal 1731, quando la Corsica si ribellò al dominio ligure. I rapporti con i corsi non furono idilliaci e così, intorno al 1746 alcune decine di greci manioti cercarono rifugio in Sardegna, accolti benevolmente da Carlo Emanuele III re di Sardegna, lo stesso regnante che concesse l’Isola di San Pietro ai tabarchini in fuga dal Nord Africa.
Nasce così il Villaggio di San Cristoforo di Montresta, detta “Montresta la greca”. I rapporti con i vicini bosani non furono idilliaci ma l’insediamento dei popoli ellenici guidati dalla famiglia dei Passerò (cognome italianizzato da “Psaròs”, ancora oggi vi abitano dei discendenti) è durato fino ai tempi nostri.
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