Sabato 24 febbraio su Rai3 torna “Per un pugno di libri” alle 18.05, il programma condotto da Geppi Cucciari. Questa settimana la sfida è tra il Liceo Classico “Dante” di Trieste  e il  Liceo Classico “Nevio” di Santa Maria Capua Vetere (Caserta). In questa sesta puntata, l’opera scelta da Piero Dorfles e dagli autori è “Cosima” del Premio Nobel per la Letteratura, Grazia Deledda (1871-1936).

Apparso  postumo sulla rivista “Nuova Antologia” fra il settembre e l’ottobre del 1936, “Cosima”, secondo nome di Deledda, più che un romanzo è un’autobiografia della scrittrice sarda. Dagli anni dell’infanzia a quelli della  vocazione letteraria, non compresa o addirittura osteggiata, che si fa strada a fatica nonostante le prime stroncature della critica: “torni la piccola grafomane a coltivare i garofani e la madreselva”; “torni a fare la calza”. Fino agli  avvenimenti finali in cui si intravedono i successi professionali e affettivi. Resta però ferma da parte di Deledda, anche in quest’opera postuma, la rappresentazione di una Sardegna dura e aspra. 

In palio, come sempre, tanti libri e la possibilità di accedere alla finale  tra le due classi meglio classificate nel corso del programma.  Chiamando il numero 06.37262661 sarà possibile prenotarsi al gioco telefonico che   mette alla prova i telespettatori che vorranno indovinare quale titolo si cela dietro una bizzarra definizione. La regia di questa edizione vede il ritorno di Igor Skofic.

In epoca romana, la Sardegna figurava tra i principali territori di estrazione di piombo e argento, seconda solo a regioni come la Spagna e la Bretagna. Questi due minerali rivestivano un ruolo cruciale nell’economia e nell’espansione dell’antica Roma, costituendo risorse strategiche per l’organizzazione della vita civile e militare.

Il piombo veniva utilizzato in diversi settori: era indispensabile per la costruzione delle condotte idriche, per le infrastrutture pubbliche e militari e per la fabbricazione di utensili domestici. L’argento, invece, era essenziale per la monetazione e serviva alla produzione di monete come i sesterzi, largamente diffusi nei territori imperiali.

Grazie alla sua abbondanza di materie prime, la Sardegna era disseminata di giacimenti, soprattutto nelle zone dell’Iglesiente e del Sarrabus. Le stime indicano che, sotto il dominio romano, furono estratte sull’isola circa 600.000 tonnellate di piombo e 1.000 tonnellate di argento, fornendo un apporto significativo alla forza economica e alla stabilità dell’Impero.