Fake news: ecco le 10 bufale più grosse che sono state sparate sui social nel 2017

Il 2017 anno delle fake news? Ecco le dieci più celebri, in Italia e nel mondo per il Corriere. Dalla donna musulmana che cammina indifferente vicino alle vittime degli attentati di Londra, alla presenza della sottosegretaria Boschi e della presidente
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Il 2017 anno delle fake news? Ecco le dieci più celebri, in Italia e nel mondo per il Corriere. Dalla donna musulmana che cammina indifferente vicino alle vittime degli attentati di Londra, alla presenza della sottosegretaria Boschi e della presidente Boldrini ai funerali di Riina: anche quest’anno le bufale hanno viaggiato sui social.
La donna musulmana davanti a Westminster
Uno degli esempi più eclatanti del 2017 è l’immagine della donna musulmana che guarda il telefono mentre cammina accanto alle vittime dell’attentato sul ponte davanti al Parlamento di Westminster a Londra, lo scorso 22 marzo. Una foto utilizzata sui social come dimostrazione dell’indifferenza degli islamici verso questi attacchi: si è poi scoperto che questa ricostruzione, del tutto falsa, era stata diffusa per prima da uno di quegli account vicini al Cremlino creati per interferire con la politica americana e britannica.
L’attentato in Svezia
Donald Trump a inizio anno è stato protagonista di un episodio a cavallo tra la fake news e la gaffe clamorosa. Mentre parlava di sicurezza e confini nazionali durante un comizio in Florida, il presidente americano ha fatto riferimento a un attentato in Svezia di pochi giorni prima, in realtà mai accaduto. Alcuni hanno pensato che il presidente si fosse confuso con un attacco suicida a Sehwan, in Pakistan, effettivamente avvenuto il venerdì precedente. Il tutto con un forte imbarazzo da parte delle autorità svedesi che hanno dovuto smentire il presidente Usa e una grande ironia sul web.
Le bufale sulla strage di Las Vegas
Rimanendo negli Usa, una circostanza che ha scatenato diverse fake news è stata la strage di Las Vegas di inizio ottobre. Proprio nei mesi in cui i big della tecnologia erano sotto attacco per il ruolo avuto nella diffusione di bufale, su Facebook e su Google News sono diventate popolari notizie palesemente false: prima sulla reale identificazione dell’autore della strage, poi sulla vicinanza a gruppi anti-Trump di Stephen Paddock, arrivando a legami mai confermati con l’Isis. Un così elevato numero di bufale aveva portato sia il New York Times che il Washington Post a realizzare lunghi articoli per smontare tutte le fake news circolate in quei giorni.
Gli ambulanti assenti sulla Rambla
Anche nel caso dell’attentato di quest’estate a Barcellona è iniziata a circolare una notizia falsa: una pagina Facebook spagnola ha diffuso l’indiscrezione che quel giorno i venditori ambulanti fossero spariti dalla Rambla perché avvisati di un attacco imminente. In realtà la loro assenza era dovuta a una politica sempre più restrittiva nei loro confronti messa in atto dalla Generalitat.
Il ritorno della Blue Whale
Arriviamo (anche) all’Italia. Una vecchia conoscenza del Web, tornata in auge quest’anno dopo un servizio delle Iene, è il fenomeno della cosiddetta Blue Whale. Una sorta di rituale online al termine del quale il giovane coinvolto si suicida dopo aver affrontate una serie di prove. Sono state stimate oltre un centinaio di morti collegate alla Blue Whale, compresi alcuni casi in Italia, senza però avere mai alcuna conferma dell’effettivo legame con il rituale. E anche all’interno del servizio delle Iene sono stati utilizzati spezzoni di video che non avevano alcuna attinenza con questo presunto fenomeno.
Boschi e Boldrini al funerale di Riina
A livello solo italiano, la fake news che ha tenuto maggiormente banco nelle ultime settimane è invece quella sulla presenza dalla sottosegretaria Maria Elena Boschi e della presidente della Camera Laura Boldrini ai funerali del boss mafioso Totò Riina. Un’evidente bufala messa in giro su Facebook dal profilo di Mario de Luise, figura che si definisce attivista del M5S. Il Movimento 5 Stelle si è subito dissociato dalla pubblicazione della notizia palesemente falsa.
La sorella della Boldrini che aiuta i migranti
La presidente della Camera è una della vittime preferite delle bufale sul Web: quest’anno era stata fatta circolare la notizia che la sorella gestisse diverse centinaia di cooperative per l’aiuto ai migranti. A smentire categoricamente la fake news era stata Laura Boldrini in persona ricordando come la sorella, morta anni fa, non si fosse mai occupata di migranti in vita sua.
La bambina data in sposa a Padova
A metà novembre si è parlato di un caso di cronaca molto grave avvenuto in provincia di Padova. Secondo quanto riportato inizialmente da giornali locali, una bambina musulmana di 9 anni era stata data in sposa a un uomo di 35 che aveva abusato di lei. La notizia era però del tutto falsa, come hanno avuto modo di affermare i carabinieri di Padova che hanno detto di non essersi mai occupati di un caso del genere.
Il prosecco che danneggia i denti
Nel 2017 le fake news hanno preso di mira anche alcune eccellenze italiane. L’autorevole Guardian ha attaccato il Prosecco sostenendo che facesse male ai denti, senza dare alcuna però spiegazioni in merito. Ma la motivazione potrebbe essere molto distante da un discorso sulle caratteristiche del vino: entrerebbe in gioco il protezionismo nei confronti di prodotti inglesi in vista dell’uscita del Regno Unito dall’Ue e della necessità di diminuire l’import dall’estero.
I video anti-islam ritwittati da Trump
Il presidente americano Donald Trump, dopo essersi attribuito la paternità del termine «fake news», ha continuato a utilizzarlo contro la stampa ritenuta ostile. Ma lo stesso Trump si è trovato coinvolto nella diffusione di bufale. In particolare ha ritwittato tre video anti-islamici postati da una esponente dell’estrema destra britannica. Quello intitolato «Un migrante musulmano picchia un ragazzo olandese sulle stampelle» è stato subito bollato come falso dalle autorità e della polizia del Paese: l’aggressore è nato e risiede in Olanda, mentre non si hanno informazioni sulla sua fede religiosa.

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Cagliari, il Consiglio di Stato conferma il divieto di legare le bici fuori dagli stalli

Una decisione che farà discutere e che segna un punto a favore del decoro urbano in città. Il Consiglio di Stato ha "promosso" il giro di vite voluto dall'amministrazione dell'ex sindaco Paolo Truzzu, confermando la piena legittimità del divieto di incatenare le biciclette fuori dagli stalli dedicati.
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Cagliari, il Consiglio di Stato conferma il divieto di legare le bici fuori dagli stalli.
Una decisione che farà discutere e che segna un punto a favore del decoro urbano in città. Il Consiglio di Stato ha “promosso” il giro di vite voluto dall’amministrazione dell’ex sindaco Paolo Truzzu, confermando la piena legittimità del divieto di incatenare le biciclette fuori dagli stalli dedicati.
Con una sentenza che rigetta il ricorso presentato dalla Fiab di Cagliari, i giudici di Palazzo Spada hanno messo la parola fine a una lunga battaglia legale.
Il provvedimento, incluso nel regolamento di Polizia e Sicurezza Urbana approvato dalla precedente amministrazione comunale, stabilisce in modo chiaro e inequivocabile che è vietato legare le biciclette a “infrastrutture pubbliche non destinate allo scopo”. La violazione di questa norma comporta l’applicazione di sanzioni pecuniarie che vanno da un minimo di 100 a un massimo di 300 euro.
I giudici hanno spiegato che la decisione mira a tutelare, in un’ottica di miglioramento della vivibilità e del decoro della città, quelle infrastrutture che spesso si trovano sui marciapiedi, nelle piazze, nei parchi, o vicino a monumenti. Si tratta di elementi di arredo urbano come ringhiere, recinzioni o pali, per i quali è già generalmente vietata la sosta di qualsiasi veicolo. Pertanto, secondo il Consiglio di Stato, la disposizione non viola in alcun modo le norme del codice della strada.
Ma la sentenza va oltre, affrontando un punto cruciale sollevato dai ricorrenti. La Fiab aveva denunciato una presunta disparità di trattamento tra gli “utenti deboli”, ovvero i ciclisti, e gli “utenti forti”, come gli automobilisti, sostenendo che la norma penalizzasse i primi a vantaggio dei secondi. Il Consiglio di Stato ha respinto categoricamente questa tesi, evidenziando che una disparità di trattamento può essere configurabile solo in presenza di situazioni perfettamente identiche, e che tale condizione non sussiste in questo caso. I giudici hanno inoltre ritenuto infondata la disparità invocata in appello anche rispetto ai monopattini.
Infine, sono state giudicate infondate anche le censure che contestavano la presunta contraddittorietà del regolamento con gli obiettivi fissati dal Piano Urbano della mobilità sostenibile. A questo proposito, il Consiglio di Stato ha ribadito che si tratta di una valutazione discrezionale, per la quale “il giudice non può sostituirsi all’amministrazione”. La decisione ha quindi confermato la legittimità dell’azione comunale, stabilendo che la tutela del decoro urbano è un obiettivo prioritario che può essere perseguito attraverso normative specifiche.

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