“Acquistate solo agnello sardo Igp, una carne sana, gustosa ed etica”: l’accorato appello degli allevatori sardi

«Per mangiare sano, rispettare l’ambiente, sostenere l’economia del proprio territorio per Natale acquistate l’agnello certificato Igp di Sardegna». È l’accorato appello che arriva dal Consorzio dell’agnello di Sardegna Igp (Contas). La carne di agnello, infatti, è genuina, saporita e fa bene
«Per mangiare sano, rispettare l’ambiente, sostenere l’economia del proprio territorio per Natale acquistate l’agnello certificato Igp di Sardegna». È l’accorato appello che arriva dal Consorzio dell’agnello di Sardegna Igp (Contas).
La carne di agnello, infatti, è genuina, saporita e fa bene alla salute come ci dicono i medici, le ricerche scientifiche e chi dura oltre 100 anni dopo averne fatto ampio consumo. Gli agnelli, vengono allevati secondo un disciplinare che prescrive che siano nati e allevati in Sardegna, nutriti con il latte delle madri alimentate a loro volta al pascolo.
La Sardegna è la prima regione del Mediterraneo in cui si pratica l’allevamento degli animali al pascolo. Le pecore brucano in media circa 4 milioni di tonnellate di erba (l’80 % dei loro fabbisogni nutritivi) dal 70 % della superficie isolana. Per questo motivo la carne e il latte delle pecore contengono sostanze ad azione benefica dovute proprio al pascolo di essenze erbacee naturali. Questo consente alla carni dell’agnello di Sardegna Igp «di essere tra le più ricche in termini di grassi polinsaturi della serie omega-3 e di acido linoleico coniugato (Cla). Nutrienti che sono fondamentali ad esempio nella crescita neonatale perché aiutano lo sviluppo cerebrale e la vista nei bambini più piccoli e il corretto funzionamento del sistema nervoso centrale» spiega il presidente del Contas Battista Cualbu.
Infatti è provato scientificamente che i prodotti derivanti da animali che pascolano hanno effetti positivi sulla salute dell’uomo, perché sono ricchi di sostanze nutraceutiche. Le pecore sarde hanno una predisposizione genetica che favorisce questo arricchimento dovuto all’azione di selezione del pastore avvenuta nei millenni. Sostanze benefiche che vengono trasferite all’uomo. Il Cla, contenuto nel latte, è trasferito completamente nella carne compresa quella dell’agnello.
«Un prodotto di eccellenza che non a caso fa parte della dieta della longevità, e che proviene da allevamenti che rispettano anche il benessere animale e l’ambiente. La pratica millenaria della pastorizia, infatti, ha forgiato i tratti salienti del paesaggio della Sardegna. Senza di loro si perderebbe la biodiversità e la capacità economica del sistema. Ecco perché – dice Battista Cualbu – scegliere l’agnello Igp di Sardegna. Oltre ad essere saporito fa bene alla salute, al territorio e all’economia, non è solo uno slogan».
«Per essere certi che sia agnello sardo – precisa il direttore del Contas Alessandro Mazzette – è necessario stare attenti all’etichetta. Deve essere presente il doppio bollino quello verde in cui è raffigurato l’agnello stilizzato e il tondo giallo-blu che connota l’Indicazione geografica protetta. Questa è una garanzia per il consumatore. Nessun altro agnello può fregiarsi di questo marchio e neppure è consentito scrivere agnello sardo. Per questo lo tuteliamo con diversi livelli di controllo. Ma è necessaria anche la collaborazione del consumatore che deve segnalarci le non conformità scrivendo o chiamando al consorzio oppure inviandoci anche dei messaggi Whatsapp al numero 334.1013034».

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C’è un angolo remoto della Sardegna dove la geologia incontra l’immaginazione popolare: è l’isola del Toro, il punto più meridionale dell’intera regione, una scheggia di terra vulcanica solitaria e affascinante, che emerge dalle acque 11 chilometri a sud di Sant’Antioco.
Il Toro, assieme a Vacca e Vitello, forma quella che viene chiamata, con un pizzico di ironia, la “triade bovina” dell’arcipelago sulcitano. Tre isole disabitate, rocciose e selvagge, che portano nomi da stalla ma raccontano una storia lunga milioni di anni. Ce la racconta il paleontologo Daniel Zoboli.
Dal punto di vista geologico, queste isole sono figlie del fuoco. Vacca e Vitello, come Sant’Antioco e San Pietro, risalgono al ciclo vulcanico eocenico-miocenico, che ha modellato questa parte della Sardegna fino a circa 15 milioni di anni fa. Ma l’Isola del Toro è qualcosa di diverso. È un “neck” vulcanico, ovvero il condotto centrale di un antico vulcano ormai eroso, formatosi durante un ciclo vulcanico più recente (tra Serravalliano e Pleistocene) che ha interessato varie aree dell’isola.
Le colate laviche che compongono il Toro, con una composizione tra il benmoreitico e il trachitico, sono state datate a 11,8 milioni di anni fa. Sono le prime tracce di un fenomeno che, nei millenni successivi, porterà alla formazione delle giare, del Monte Arci e del Montiferru, dando alla Sardegna alcune delle sue strutture geologiche più imponenti.
Con una superficie di appena 11 ettari e un’altitudine massima di 112 metri, il Toro si impone più per la sua posizione estrema e la sua origine profonda che per la sua estensione. Sospeso tra mare e magma, rappresenta non solo il limite fisico meridionale della Sardegna, ma anche un testimone immobile di una lunga storia vulcanica che ha scolpito il volto dell’isola.

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