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Lo sapevate? I i tumulti (2 morti e 20 feriti) di Cagliari nel 1906 scoppiarono anche per una frase del sindaco Ottone Bacaredda: «Se non potete comprar triglie, contentavi del baccalà»

Lo sapevate? A far scoccare la scintilla che fece esplodere i tumulti (2 morti e 20 feriti) di Cagliari nel 1906 ci fu una frase del sindaco Ottone Bacaredda: «Se non potete comprar triglie, contentavi del baccalà».

Nel maggio del 1906 Cagliari fu messa in stato d’assedio per una sommossa popolare. Nei mesi precedenti l’aumento del caro vita, il flusso di immigrazione interna che vedeva un gran numero di persone indigenti riversarsi dai paesi interni dell’Isola verso il capoluogo, tasse odiose come la “quarta regia” dei pescatori e le condizioni di lavoro durissime anche per i numerosissimi lavoratori poco più che bambini, generarono una serie di scioperi. I primi a scioperare furono i lavoratori del porto, dopo di loro i commessi dei negozi, i pescatori, i fornai, tutti chiedevano una riduzione degli orari di lavoro, un aumento della paga e una riduzione delle tasse. Infine a protestare furono le sigaraie della Manifattura Tabacchi. Una delegazione di tre sigaraie irruppe durante una seduta della giunta comunale, chiese e ottenne di essere ricevuta dal sindaco Bacaredda, al quale spiegò che i commercianti stavano portando i prezzi alle stelle, che il popolo era ridotto alla fame e come esempio citarono le triglie che da pesci umili erano diventati “Un frutto proibito”.

Il sindaco con un’affermazione, per sua stessa ammissione infelice, che venne fraintesa, rispose alle sigaraie che quando il commerciante vendeva le triglie troppo care lui gli faceva tanto di cappello e comprava baccalà. Il 13 maggio venne organizzato un comizio popolare al Bastione Saint Remy, nella terrazza principale gremita, ad arringare la folla c’era l’avvocato socialista Efisio Orano che verrà indicato nelle carte processuali come la guida della sommossa. La sigaraia Bonaria Cortis riferì alla folla la frase pronunciata dal sindaco, ma travisandone il senso attribuì a Bacaredda queste parole: «Se non potete comprar triglie, contentatevi del baccalà» a questo punto si scatenò la sollevazione generale. Al grido di “Al Municipio, al Municipio” la folla si riversò nelle strade di Castello come un fiume in piena, come sempre in questi casi la situazione degenerò, per tre giorni Cagliari venne messa a ferro e a fuoco, si saccheggiarono i forni, vennero abbattuti i casotti del dazio, i vagoni tranviari dati alle fiamme, assaltati gli uffici della dogana. Davanti alla stazione le forze dell’ordine si scontrarono con la folla, ne nacque una sassaiola che la forza pubblica placò con le armi sparando ad altezza d’uomo.

Rimasero uccisi due giovanissimi lavoratori: Giovanni Casula un manovale quindicenne e Alfredo Caria, un fruttivendolo di 19 anni. Rimase invece ferito in modo gravissimo un calzolaio appena dodicenne.

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