“Opere dylaniate”: in mostra i quadri di Angelo Liberati ispirati a Bob Dylan

Si è tenuta ieri sera registrando ottimo successo di pubblico l’inaugurazione della mostra dell’artista Angelo Liberati: “Opere dylaniate“, serie liberamente ispirata a Bob Dylan. «Angelo Liberati ha mantenuto la sua straordinaria coerenza di artista che ha attraversato i decenni: attraverso le
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Si è tenuta ieri sera registrando ottimo successo di pubblico l’inaugurazione della mostra dell’artista Angelo Liberati: “Opere dylaniate“, serie liberamente ispirata a Bob Dylan.
«Angelo Liberati ha mantenuto la sua straordinaria coerenza di artista che ha attraversato i decenni: attraverso le sue opere ha raccontato e racconta gli anni ‘60, momento storico in cui nella storia dell’arte New York ruba la scena a Parigi. In Italia ne abbiamo l’eco attraverso le riviste e La Biennale di Venezia. Liberati respira quel clima nel crogiolo di arte e cultura che è la Roma di quegli anni». Così Pamela Ladogana, ricercatrice di Storia dell’Arte, all’inaugurazione di “Opere dylaniate”, la mostra di opere ispirate a Bob Dylan dell’artista frascatano trapiantato a Cagliari, ospitata nello studio legale di Giovanni Dore, Fabio Ciulli e Luisa Angioni. Un indovinatissimo connubio tra arte, cultura e diritto.
«Per vivere al di fuori della legge, devi essere onesto», la frase più citata negli interventi, ed in particolare da Giovanni Dore, tratta da “Absolutely Sweet Marie”, brano di Bob Dylan del 1966. «Colore e immagine si fondono perfettamente nell’arte di Liberati – ha spiegato quindi la prof.ssa Ladogana – Nel colore c’è una carica che rimanda agli spunti derivanti da quei momenti vissuti in prima persona dall’artista. Le immagini sono spinte, disegnate o trasferite con un solvente che rende i contorni più sfumati, con la tecnica del décollage che lui ha imparato dagli artisti americani».
Parole confermate da Angelo Liberati, che ha invitato i tantissimi presenti a soffermarsi davanti alle sue opere per scoprire il connubio alla base dell’esposizione: «Bob Dylan diceva di voler costruire le sue canzoni e i suoi testi come un dipinto – ha commentato l’artista – E’ una volontà interessante, quella di avere presente che chi ascolta il brano possa comportarsi come chi guarda un quadro. Il quadro sta lì, davanti a lui puoi andare avanti e indietro, ma ha sempre la capacità di trascinarti altrove: tutti i brani di Bob Dylan hanno la capacità di costruire immagini a ripetizione, senza apparentemente un ordine logico». Una bella colonna musicale ha completato la serata.

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SEO o non SEO, questo è il dilemma (Tragedia in un atto solo sul destino dei siti dimenticati)

"SEO o non SEO, questo è il dilemma" è il nuovo articolo del nostro esperto Carlo Pirchio, che affronta con ironia una delle sfide più serie del digitale: l’invisibilità dei siti web. Tra teatro e marketing, racconta la storia di un sito bellissimo ma dimenticato, e di come la SEO possa trasformarlo da fantasma a protagonista. Un testo brillante per capire, senza tecnicismi, perché farsi trovare online non è una scelta... ma una necessità.
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“SEO o non SEO, questo è il dilemma” è il nuovo articolo del nostro esperto Carlo Pirchio, che affronta con ironia una delle sfide più serie del digitale: l’invisibilità dei siti web. Tra teatro e marketing, racconta la storia di un sito bellissimo ma dimenticato, e di come la SEO possa trasformarlo da fantasma a protagonista. Un testo brillante per capire, senza tecnicismi, perché farsi trovare online non è una scelta… ma una necessità.
SCENA I: Un sito oscuro, senza luce né traffico
Il sipario si apre.
Nel vasto e mutevole regno di Digitallandia, tra pop-up impazziti e banner lampeggianti, giaceva un sito web. Bello d’aspetto, elegante nei dettagli, ma silente come una tomba.
Era stato forgiato da mani esperte, dotato di gallerie magnifiche e testi che parlavano in versi, ma a nessuno parlava davvero. Nessuna visita, nessun click, nessuna traccia. Solo l’eco vuota delle ambizioni e il mormorio lontano dei competitor già ben posizionati.
Nessun viandante digitale lo incontrava. Gli dèi del traffico organico voltavano il capo. Il sito, pur nato con nobili intenti, restava nell’ombra: dimenticato, sospeso in una rete di pagine invisibili.
Ed ecco che, in quel silenzio denso come nebbia invernale, fece il suo ingresso il Conte Strategus, armato di sapere, dati e pazienza.
Era lui l’architetto invisibile, lo scultore di rilevanza, il domatore di algoritmi, il custode delle chiavi.
Con voce profonda e lo sguardo rivolto al cielo digitale, si rivolse al pubblico:
“Oh voi, spiriti del web, ditemi:
Meglio è essere trovati, o brillare nell’ombra?
È più nobile soffrire le pene dell’indifferenza digitale,
o armarsi di parole chiave e combattere il mare dell’invisibilità?
Essere al primo posto… o perire oltre la terza pagina?
SEO o non SEO, questo è il dilemma.”
Un silenzio carico di significato calò sulla scena.
Il dubbio era lecito, profondo, ancestrale.
SCENA II: La rinascita
Il Conte Strategus non esitò.
Prese la situazione tra le mani come un alchimista col suo elisir.
Cominciò con la ricerca delle parole perdute: quelle che gli utenti usano, che i motori bramano, che gli intenti celano.
Poi si dedicò all’ottimizzazione delle vie: raddrizzò URL tortuosi, cesellò tag dimenticati, rese ogni pagina degna d’essere trovata e amata.
Aggiustò la velocità, perché nessun utente aspetta.
Verificò struttura, navigabilità, mobile-friendliness. Mise ordine nei contenuti come un bibliotecario del sapere.
Infine, tessé link interni ed esterni, ponti verso e dal mondo.
Ogni azione era una nota in una sinfonia invisibile.
E il sito, che prima taceva, cominciò a sussurrare. Poi a parlare. Poi a gridare il proprio valore.
SCENA FINALE: L’ascesa
I motori udirono. Gli utenti risposero.
Apparvero le prime visite. Poi orde curiose. Poi clienti. Poi fedeltà.
Le conversioni salivano come il sole su un nuovo giorno.
Le pagine venivano indicizzate. Le sessioni si allungavano.
L’utente “tocca e fuggi” (bounce rate) diminuiva.
Google, l’Oracolo, prese nota… e lo premiò.
Il sito, un tempo silenzioso, divenne voce potente nell’agorà digitale.
E mentre i dati si allineavano come stelle nel cielo della Centrale di Controllo (Search Console),
il Conte Strategus — con il mantello dell’analisi svolazzante e un calice stracolmo di insights in mano —
si volse al pubblico e pronunciò la morale.
Morale dell’opera
Curare la SEO non è vezzo, ma virtù.
È bussola per chi cerca, luce per chi naviga.
Un sito ben ottimizzato:
– Si fa trovare dai giusti,
– Offre esperienze rapide e fluide,
– Parla il linguaggio dell’utente e del motore,
– Cresce nel tempo, come un albero ben piantato,
– Riduce sprechi pubblicitari e aumenta i ritorni,
– Eleva la reputazione del brand.
Chi rinnega la SEO, rinuncia all’incontro.
Chi la coltiva, apre porte a mondi infiniti.
E tu, lettore, che possiedi un sito:
vuoi brillare… o sparire?
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