Con il Cagliari sempre più in crisi, nel weekend appena trascorso, il calcio sardo ha sorriso soprattutto grazie alle due squadre impegnate nel campionato di Serie C. Olbia e Arzachena sono state infatti protagoniste di due prove gagliarde e positive per quanto riguarda il risultato.

Reduci dalla sconfitta col Siena, i galluresi hanno battuto in trasferta l’Arezzo per effetto di una rete di Ogunseye, un gol che ha permesso ai ragazzi di Bernardo Mereu di issarsi al terzo posto in classifica e, quindi, in piena zona playoff.

«Contro l’Arezzo – ha commentato a fine partita Mereu – abbiamo conquistato tre punti importantissimi. Noi giochiamo sempre per vincere, sia che ci troviamo di fronte la prima, sia che ci troviamo l’ultima. La salvezza rimane comunque il nostro obiettivo stagionale».

La permanenza tra i professionisti è anche il traguardo per cui sta lottando la matricola Arzachena, che, contro l’Alessandria dell’ex cagliaritano Agazzi, formazione costruita per vincere il torneo, ha sfoderato una buonissima prestazione e centrato un prestigioso pareggio per 0-0.

«Quello colto contro l’Alessandria è un gran punto, assolutamente meritato», ha affermato al termine del match Mauro Giorico, mister degli smeraldini, ben distanti dalla zona retrocessione. «Ai ragazzi – ha aggiunto – non posso che fare i complimenti».

I complimenti vanno fatti pure alla Nuorese, che, nel girone G di Serie D, ha travolto per 5-1 l’Anzio, ottenendo una vittoria fondamentale e tutta dedicata a Roberto Dore, il giovane calciatore nuorese scomparso qualche giorno fa.

Grazie a questo successo i barbaricini salgono a dieci punti in classifica, una classifica che in coda parla ancora sardo: gli ultimi quattro posti, del resto, sono appannaggio, dal basso all’alto, di Lanusei, Latte Dolce e San Teodoro, fermi a quattro lunghezze, e del Tortolì, più su di due incollature.

Quindici (in cinque partite) sono i punti dello Stintino, che continua a fare da battistrada nel campionato di Eccellenza. Ieri, i sassaresi hanno sferrato un poker di gol alla Ferrini Cagliari, sconfitta sul campo di casa.

In trasferta è arrivata pure la terza vittoria su tre incontri disputati dell’Arbus, in testa nel girone A di Promozione. Questa volta, i granata hanno avuto ragione del Quartu 2000, battuto nel recupero per 2-1, lo stesso risultato con cui, nel girone B, la capolista Dorgalese ha regolato il Cus Sassari.

Nei cinque gironi del torneo di Prima Categoria, invece, a guidare la classifica a punteggio pieno c’è una batteria di nove squadre: tra queste, troviamo anche il Thiesi, che ieri ha vinto per 4-1.

C’è un angolo remoto della Sardegna dove la geologia incontra l’immaginazione popolare: è l’isola del Toro, il punto più meridionale dell’intera regione, una scheggia di terra vulcanica solitaria e affascinante, che emerge dalle acque 11 chilometri a sud di Sant’Antioco.

Il Toro, assieme a Vacca e Vitello, forma quella che viene chiamata, con un pizzico di ironia, la “triade bovina” dell’arcipelago sulcitano. Tre isole disabitate, rocciose e selvagge, che portano nomi da stalla ma raccontano una storia lunga milioni di anni. Ce la racconta il paleontologo Daniel Zoboli.

Dal punto di vista geologico, queste isole sono figlie del fuoco. Vacca e Vitello, come Sant’Antioco e San Pietro, risalgono al ciclo vulcanico eocenico-miocenico, che ha modellato questa parte della Sardegna fino a circa 15 milioni di anni fa. Ma l’Isola del Toro è qualcosa di diverso. È un “neck” vulcanico, ovvero il condotto centrale di un antico vulcano ormai eroso, formatosi durante un ciclo vulcanico più recente (tra Serravalliano e Pleistocene) che ha interessato varie aree dell’isola.

Le colate laviche che compongono il Toro, con una composizione tra il benmoreitico e il trachitico, sono state datate a 11,8 milioni di anni fa. Sono le prime tracce di un fenomeno che, nei millenni successivi, porterà alla formazione delle giare, del Monte Arci e del Montiferru, dando alla Sardegna alcune delle sue strutture geologiche più imponenti.

Con una superficie di appena 11 ettari e un’altitudine massima di 112 metri, il Toro si impone più per la sua posizione estrema e la sua origine profonda che per la sua estensione. Sospeso tra mare e magma, rappresenta non solo il limite fisico meridionale della Sardegna, ma anche un testimone immobile di una lunga storia vulcanica che ha scolpito il volto dell’isola.