Gigi Riva visita il museo del Cagliari, lo stesso che costruito con i suoi piedi e il suo cuore
Gigi Riva ha visitato oggi il nuovo museo del Cagliari alla Sardegna Arena. Già di per sé questa frase sembra un paradosso. Gigi Riva è il museo del Cagliari. Un museo vivente, fatto di ossa, muscoli – una volta formidabili,
Gigi Riva ha visitato oggi il nuovo museo del Cagliari alla Sardegna Arena. Già di per sé questa frase sembra un paradosso. Gigi Riva è il museo del Cagliari. Un museo vivente, fatto di ossa, muscoli – una volta formidabili, oggi ancora meglio di quelli di molti ragazzini – testa, ricordi e cuore, tanto cuore. E una “pellaccia” a ricoprire tutto, sulla quale non servono tatuaggi per dire che Riva appartiene a questa città quanto i vicoli di Castello, il maestrale, le jacarande che fioriscono a giugno e l’odore di pesce cucinato fuori dalle trattorie della Marina.
Gigi ha voluto visitare in solitudine questa galleria di meravigliosi ricordi allestita dal presidente Giulini, il giorno dopo che tutti i suoi amici e compagni d’avventura lo avevano fatto davanti agli obiettivi di macchine fotografiche, smartphone e telecamere. Non perché gli altri siano più vanesi o esibizionisti di lui. È che a Gigi le cose piacciono così, vere, genuine, come quell’indimenticabile tricolore e come la sua Cagliari. Da solo ha potuto camminare in silenzio, lo stesso silenzio delle sue passeggiate tra via Dante, via Sonnino e via Roma. Un silenzio che gli ha permesso di commuoversi anche in silenzio, dentro al cuore, senza l’obbligo di mostrare lacrime, quelle che sgorgherebbero sincere nel vedere un giovane tifoso di oggi gridare il suo nome come se fosse quello di chissà quale divinità pagana senza neanche averlo mai visto giocare.
Fosse stato per lui non si sarebbe fatto neanche fotografare, ma Gigi vuole bene alla sua gente e vuole bene anche al Cagliari, al suo Cagliari, e sa che è importante far sapere che non è solo il Cagliari a esserci per Gigi, ma è anche Gigi a esserci per il Cagliari.
Cagliari, Cagliari, Cagliari. Gigi Riva, Gigi Riva, Gigi Riva. In un tema scolastico ripetere così tante volte le stesse parole sarebbe un errore da penna rossa. In questo caso l’errore sarebbe ancora più grave, dato che dire Cagliari e dire Gigi Riva è come dire la stessa cosa. Gigi Riva è stato, è e sarà sempre Cagliari, la città che lo ha adottato, gli ha fatto da madre e lo ha reso non solo un uomo, ma un eroe. Chissà cosa avrà pensato davanti alla foto di quella splendida rovesciata, la più bella rovesciata della storia del calcio, più bella anche di quella di Parola (quella delle figurine Panini), perché quella di Riva valse un gol, quella di Parola solo un salvataggio e – non ce ne vogliano i difensori – il calcio è quello sport dove vince chi fa più gol dell’avversario. O davanti al quadro riportante una sua citazione in cui racconta di quanto avrebbe sofferto se avesse accettato le lusinghe della Juventus e i miliardi sonanti offerti dall’avvocato Agnelli.
Gigi guarda queste memorie. Lo fa con rispetto. Di sé stesso, ma anche di chi gli ha regalato questo sogno. I campioni non sono mai modesti – altrimenti non sarebbero tali – e lui non fa eccezione. Sa quello che ha fatto, sa di aver regalato un ricordo immortale, un riscatto, un poema epico, un pezzo di storia e una fetta d’identità a un intero popolo. Ma sa anche che l’amore che Cagliari e la Sardegna provano per lui sono solo in minima dovute a quella vittoria. L’amore non vuole niente in cambio e Cagliari a lui non ha mai chiesto niente, se non di essere sé stesso. Gigi lo sa e ringrazia ogni giorno.
E Cagliari non scambierebbe Gigi neanche per Cento scudetti o mille Coppe dei campioni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA