Cagliari: brutalmente aggredita in centro nel tentativo di rubarle il cellulare. Il racconto della notte da incubo

Cagliari, 22.40 di ieri: si trovava di fronte al ristorante Opera Prima di via Campidano, dietro al palazzo dell’Enel, in pieno centro cittadino. All’improvviso l’aggressione, la fuga, lo spavento e un finale inaspettato. Di seguito il racconto, dal suo post,
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Cagliari, 22.40 di ieri: si trovava di fronte al ristorante Opera Prima di via Campidano, dietro al palazzo dell’Enel, in pieno centro cittadino. All’improvviso l’aggressione, la fuga, lo spavento e un finale inaspettato.
Di seguito il racconto, dal suo post, di Rossella Racugno, la cagliaritana vittima della brutale aggressione da parte di uno straniero a Cagliari.
«Intorno alle 22:40 sono stata brutalmente aggredita da un algerino. Ero a Cagliari in via Campidano, ferma davanti al ristorante Opera Prima, con il volto girato verso l’ingresso del locale. Sono stata scaraventata a terra e mi è stato strappato il telefono dalle mani.
Ho da subito urlato a squarciagola, rialzandomi da terra e mettendomi a inseguire il ragazzo per tutta via Pirastu (la strada che collega via Campidano a viale Diaz lato palazzo dell’Enel) continuando a urlare ininterrottamente. Proprio in questa via c’erano tre miei connazionali, tutti uomini, che alla vista della scena hanno ben pensato di far largo alla sfrenata corsa dell’Usain Bolt algerino mentre io continuavo a pregare il loro aiuto con tutta la voce che avevo in corpo. Non so chi siate ma…complimenti!!!
Ho perso le tracce del giovane delinquente davanti al palazzo dell’Enel. Nel mentre, dal locale, avevano avvertito i Carabinieri che mi hanno rintracciata poco dopo e mi hanno convocata vicino a piazza Matteotti. Lui era lì, con la sua felpa rossa, i pantaloni mimetici e la nuca rasata, ma del del mio telefono nemmeno l’ombra (chissà dove l’avrà nascosto!).
L’ha riconosciuto anche un altro signore, anch’egli convocato dai carabinieri, che si trovava a pochi metri da me durante l’aggressione. È stato perquisito insieme a tutta la sua compagnia e dalle tasche tiravano fuori banconote da 50€ a gruzzoli di tre e quattro…nulla di strano, vero? Poi è stato ammanettato e portato in caserma. Eravamo insieme, nella stessa stanza. Sono stata interrogata.
Lui è stato muto, tutto il tempo, con un sorrisino subdolo stampato sulla faccia. Volete sapere un altro “scoop”? Possedeva già il foglio di espatrio per lasciare l’Italia entro sette giorni. I Carabinieri, a cui oggi vorrei fare una statua per quanto mi hanno aiutata almeno a gestire lo spavento, hanno chiamato la PM di turno per convalidare l’arresto ma non è stato concesso, perché il telefono in fondo non lo aveva…
Ricapitolando: io l’ho riconosciuto, mi ha aggredita, c’era un testimone, ma non è stato colto in flagranza di reato. Adesso mi domando: domani sarò più sicura uscendo di casa? Mi trovo in un paese giusto? Del telefono non me ne frega nulla, ma mi sono beccata uno spavento che non augurerei mai a nessuno. Non lo auguro al PM, non lo auguro alla Boldrini, non lo auguro a tutte le persone a cui sarebbe “facile” in questi casi e con questa rabbia addosso augurare. Non è pelle, non è credo, non è religione. È vedere i miei diritti calpestati, il rispetto demolito, le forze dell’ordine inermi, in nome di cosa? Del buonismo? Del lavarsi la coscienza? Ditemelo voi perché io, in questa notte, non trovo più risposte, ma solo sconforto.
[questa è la foto del ragazzo, fatta da chi era con me, vi chiedo di condividerla perché lui è un uomo libero]».

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La tomba segreta di Tuvixeddu: un gioiello egizio nascosto nella necropoli

Nel cuore di Cagliari, sul colle di Tuvixeddu nel popolare quartiere di Sant'Avendrace, si cela un tesoro archeologico di rara bellezza che pochi hanno avuto la possibilità di ammirare.
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La tomba segreta di Tuvixeddu: un gioiello egizio nascosto nella necropoli.
Nel cuore di Cagliari, sul colle di Tuvixeddu nel popolare quartiere di Sant’Avendrace, si cela un tesoro archeologico di rara bellezza che pochi hanno avuto la possibilità di ammirare.
Nel vasto Parco di Tuvixeddu, che ospita la più grande necropoli fenicio-punica del Mediterraneo, esiste una tomba finemente decorata che racchiude un legame sorprendente con l’antico Egitto. Si tratta della Tomba dell’Ureo, un sepolcro che spicca per la sua decorazione unica e il suo forte valore simbolico.
Il Parco di Tuvixeddu si estende per circa tre ettari e mezzo e rappresenta un’area di grande importanza storica, con reperti che testimoniano insediamenti umani risalenti persino al Neolitico. La necropoli, attiva dal VI secolo a.C. fino al primo periodo romano imperiale, è interamente scavata nella viva roccia calcarea e si distingue per le sue tombe “a pozzo”. Queste sepolture sono composte da una camera ipogea a pianta rettangolare, accessibile attraverso un pozzo verticale profondo dai 3 ai 7 metri. L’ingresso alla camera, chiuso da lastre di pietra, serviva a proteggere i defunti e i ricchi corredi funerari, oggi conservati al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
Mentre molte tombe della necropoli presentano semplici decorazioni, come fasce di colore rosso, e alcune maschere orride o simboli come il disco solare e il crescente lunare scolpiti all’esterno, due sepolcri si distinguono per l’eccezionalità delle loro decorazioni interne. La prima è la Tomba di Sid, o Tomba del Guerriero, che mostra su ogni parete una nicchia dipinta in rosso con la triade betilica. Sulle pareti corre un fregio di cerchi bordati di rosso e riempiti di azzurro, sostenuto da pilastri dipinti di rosso con capitelli a volute. Su una delle pareti è delineato un personaggio maschile barbuto, con un elmo e il petto nudo, intento a scagliare una lancia. Si pensa che possa rappresentare un guerriero o la divinità punica Sid, dio cacciatore.
La seconda e più rara sepoltura è proprio la Tomba dell’Ureo, che deve il suo nome al serpente alato, sacro agli Egizi, che è rappresentato sulla parete di fronte all’ingresso. Il serpente, sormontato dal disco solare, è affiancato da due fiori di loto e da due maschere con volto di gorgone, dal chiaro valore apotropaico, ovvero protettivo. Lungo i bordi della cella, fasce di ocra rossa decorano le pareti con palmette e altri fiori di loto, creando un’atmosfera suggestiva e misteriosa.
Dopo il III secolo a.C., i Romani ampliarono la necropoli, scavando sepolture a camera, ad incinerazione e a fossa, specialmente nella parte che si affaccia su Viale Sant’Avendrace. Tra i sepolcri di età romana spicca il colombario noto come Tomba di Rubellio, il cui epitaffio menziona un Caio Rubellio, probabile proprietario del sepolcro. Un’altra tomba monumentale è quella di Atilia Pomptilla, un ipogeo funerario la cui facciata riproduce un tempietto in stile ionico composito. La tomba è comunemente chiamata Grotta della Vipera per la decorazione di due serpenti scolpiti sull’epistilio. Fu commissionata da suo marito, Lucio Cassio Filippo, che le dedicò versi d’amore immortali: “Che le tue ceneri, o Pomptilla, fecondate dalla rugiada, germoglino viole, gigli e verdi fronde ove risaltino la rosa, il profumato zafferano ed il seprevivo amaranto. Possa tu, diventare ai nostri occhi il fiore della bella primavera”.
Il colle di Tuvixeddu ha avuto una storia travagliata anche in epoche successive. Nel Medioevo, con la distruzione di Santa Igia, molti sopravvissuti adattarono le tombe per usarle come abitazioni. In tempi più recenti, l’area è stata usata come cava per la produzione di cemento e, durante la Seconda guerra mondiale, è servita da rifugio antiaereo durante i bombardamenti. Fortunatamente, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, sono iniziate le attività di tutela e recupero da parte della Soprintendenza. Con la realizzazione del parco nel 2014, l’area è diventata finalmente di libero accesso, permettendo al pubblico di immergersi nella storia millenaria di Cagliari e di esplorare una delle necropoli più affascinanti del Mediterraneo.

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