Matteo Boe è appena arrivato a Lula. L’ex bandito è uscito dal carcere di Opera a Milano dopo 25 anni di carcere. da Olbia a Lula è arrivato con una Ibiza blu, insieme a lui il fratello Giampiero e il nipote Gian Nicola. Ad attenderlo la sorella Tanina, la cognata Eleonora e dalla sorella Tetta. C’erano anche diversi vicini e alcuni giornalisti, che l’hanno accolto con un “bentornato”. L’uomo ha risposto: “grazie”. Poi è entrato nella sua casa in via Raimondo Falqui.

(Foto Ansa).

Camicia bianca a righe, pantaloni in velluto neri, sacca nera con la tracolla rossa, probabilmente ricamata da lui, barba bianca tagliata rispetto a ieri, quando è uscito dal carcere milanese. Un’immagine quasi trendy per un uomo che è rimasto 25 anni in prigione. Commozione, applausi ma anche pareri contrari alla sua liberazione. Naturalmente anonimi.

Nessuna parola ai giornalisti e via, a bordo di un’auto guidata da una donna, partita a tutta velocità. Lui, Matteo Boe, con barba lunga grigia e basco nero, nel sedile passeggero ha abbassato la testa per non farsi fotografare. E oggi, dopo ben 25 anni di carcere, torna ad essere un uomo libero. Molto probabilmente andrà a vivere a Lula, nel Nuorese, il suo paese, dove nel 2003 gli uccisero la figlia Luisa, di 14 anni. Un delitto rimasto impunito.

Boe divenne negli anni ’80 la primula rossa del banditismo sardo, per un’impresa che in precedenza (e in seguito) non era riuscita a nessuno: evadere dall’Asinara. Cosa che fece, insieme con un complice, Salvatore Duras, il primo settembre 1986, fuggendo a bordo di un gommone. L’ex bandito di Lula venne poi arrestato il 13 ottobre 1992 a Porto Vecchio, in Corsica, dove stava trascorrendo – da latitante – qualche giorno insieme alla compagna Laura Manfredi.

Boe, uno dei principali esponenti del banditismo sardo, ha scontato 25 anni di reclusione per i sequestri di Sara Nicoli, Giulio De Angelis e del piccolo Farouk Kassam.