Aru ha vinto il Campionato Italiano di ciclismo. Grandissima impresa del ciclista di Villacidro. A Ivrea il corridore dell’Astana ha compiuto qualcosa di eccezionale: con uno scatto in salita, grazie anche al lavoro del compagno di squadra Cataldo, se n’è andato lasciando sul posto Ulissi, Moscon, Nocentini e Caruso, che nel frattempo avevano staccato Nibali e altri atleti.

Grinta incredibile, spinta notevole, Aru ha sfiancato i suoi avversari, giunti con circa 40 secondi di ritardo. Ha vinto con la maglia che gli aveva regalato Scarponi e adesso la renderà alla famiglia dello sfortunato ciclista morto prima del Giro.

Un’azione travolgente: Aru è stato bravissimo anche in discesa e sul passo e non ha mai perso terreno rispetto ai suoi inseguitori. Una vittoria bellissima che pone il Cavaliere dei Quattro Mori tra i favoriti al Tour de France che comincia la settimana prossima. Aru alla Grande Boucle gareggerà con la maglia tricolore.

C’è un angolo remoto della Sardegna dove la geologia incontra l’immaginazione popolare: è l’isola del Toro, il punto più meridionale dell’intera regione, una scheggia di terra vulcanica solitaria e affascinante, che emerge dalle acque 11 chilometri a sud di Sant’Antioco.

Il Toro, assieme a Vacca e Vitello, forma quella che viene chiamata, con un pizzico di ironia, la “triade bovina” dell’arcipelago sulcitano. Tre isole disabitate, rocciose e selvagge, che portano nomi da stalla ma raccontano una storia lunga milioni di anni. Ce la racconta il paleontologo Daniel Zoboli.

Dal punto di vista geologico, queste isole sono figlie del fuoco. Vacca e Vitello, come Sant’Antioco e San Pietro, risalgono al ciclo vulcanico eocenico-miocenico, che ha modellato questa parte della Sardegna fino a circa 15 milioni di anni fa. Ma l’Isola del Toro è qualcosa di diverso. È un “neck” vulcanico, ovvero il condotto centrale di un antico vulcano ormai eroso, formatosi durante un ciclo vulcanico più recente (tra Serravalliano e Pleistocene) che ha interessato varie aree dell’isola.

Le colate laviche che compongono il Toro, con una composizione tra il benmoreitico e il trachitico, sono state datate a 11,8 milioni di anni fa. Sono le prime tracce di un fenomeno che, nei millenni successivi, porterà alla formazione delle giare, del Monte Arci e del Montiferru, dando alla Sardegna alcune delle sue strutture geologiche più imponenti.

Con una superficie di appena 11 ettari e un’altitudine massima di 112 metri, il Toro si impone più per la sua posizione estrema e la sua origine profonda che per la sua estensione. Sospeso tra mare e magma, rappresenta non solo il limite fisico meridionale della Sardegna, ma anche un testimone immobile di una lunga storia vulcanica che ha scolpito il volto dell’isola.