Leggende sarde: “Su carru cocciu”, il tremendo carro infuocato della morte che terrorizza bambini e pastori
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Quando tutto sembrava perduto, la speranza ha preso il volto e le mani di Stefano Congiu, cardiochirurgo cagliaritano in forza all’ospedale Sant Joan de Déu di Barcellona. È lui ad aver guidato l’équipe che ha operato con successo Eduard, un bambino rumeno di 10 anni affetto da una gravissima cardiopatia congenita che gli impediva persino di stare in piedi o camminare.
Il piccolo era nato con una atresia polmonare estrema, una malformazione cardiaca per la quale le arterie polmonari sono assenti, il sangue ai polmoni arriva solo attraverso arterie collaterali di 2-3 mm, compromettendo l’ossigenazione dell’organismo. Nel suo caso l’arteria polmonare era quasi completamente assente, con un diametro di appena tre millimetri. Per sopravvivere, il suo cuore aveva sviluppato circuiti alternativi, ma a dieci anni la saturazione di ossigeno nel sangue era scesa al 65%, un livello incompatibile con una vita normale.
La malattia era stata diagnosticata quando Eduard aveva appena due mesi. Nonostante cure farmacologiche e consulti in diversi Paesi europei, le sue condizioni sono peggiorate drasticamente: vertigini continue, estrema debolezza, l’impossibilità di camminare. «I medici ci dissero che non c’era più nulla da fare», racconta la nonna. Ma la famiglia non si è arresa e ha contattato il Dipartimento Internazionale del Sant Joan de Déu. Lì l’incontro decisivo con il dottor Stefano Congiu.
Eduard viveva in una sedia a rotelle attaccato alla bombola di ossigeno che gli forniva ossigenazione con una saturazione appena del 65%, senza bombola del 35%, praticamente non poteva respirare in autonomia. «Era un caso estremamente complesso», spiega il cardiochirurgo sardo. «In genere queste patologie vengono operate nei primi anni di vita. Per questo interventi così difficili sono rari alla sua età». Ma Eduard non ha mai perso il sorriso e l’ottimismo: «Non appena giunto a Barcellona, mi ha guardato e mi ha detto ironizzando sull’importanza del mio ruolo nei confronti della sua patologia, “tu sei Messi o Ronaldo?”. Io gli ho detto: “Sono Stefano, per te sono Stefano”, e abbiamo riso, insieme».
L’operazione, eseguita lo scorso ottobre, non aveva un obiettivo definitivo ma palliativo: migliorare la qualità di vita del bambino, ricostruendo le arterie polmonari quasi inesistenti da arterie collaterali, migliorando il flusso di sangue ai polmoni.
Il risultato è andato oltre le aspettative. Pochi giorni dopo l’intervento, la saturazione di ossigeno di Eduard è salita all’85%. E, soprattutto, il bambino ha ricominciato a camminare. Dopo appena otto giorni è stato dimesso ed è potuto tornare a casa. «Tra un anno valuteremo se sarà necessario un nuovo intervento e se potremo procedere con una chirurgia correttiva», spiega Congiu, che continuerà a seguire il caso in coordinamento con i cardiologi rumeni.
Per Eduard e la sua famiglia la vita è cambiata radicalmente. «Prima non riusciva nemmeno ad andare in bagno da solo. Ora cammina, sta meglio, sorride, sta iniziando anche a correre e frequentare la scuola, il suo più grande sogno», racconta commossa la nonna. Una storia di medicina d’eccellenza e umanità, che porta la firma di un medico cagliaritano, capace di restituire futuro e dignità a un bambino che il destino sembrava aver già condannato.
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