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Vanessa Roggeri, nata e cresciuta a Cagliari, conferma con “Il ladro di scarabei” il suo talento narrativo, firmando un romanzo che combina sapientemente storia, mistero e tensione emotiva, mantenendo al contempo una scrittura elegante e coinvolgente.
Laureata in Relazioni Internazionali, la scrittrice ama definirsi una «sarda nuragica, innamorata della sua isola così aspra e coriacea, ma anche fiera e indomita». La passione per la scrittura è nata molto presto: a quindici anni iniziava a scrivere racconti, poi pubblicati in antologie, mentre le favole e le leggende sarde raccontate dalla nonna, intrecciate ai ricordi d’infanzia, hanno contribuito a sviluppare la sua sensibilità narrativa e il gusto per la costruzione di mondi intensi e credibili.
Ma entriamo nel vivo del romanzo. Ci troviamo a Cagliari, nel 1928. Sullo sfondo dell’Italia fascista, Il ladro di scarabei racconta una storia familiare di ambizione, desiderio di riscatto e passioni contrastanti. Antino, segnato da un’infanzia di stenti e privazioni, arriva in città come uno dei cosiddetti majolu, i ragazzini che lasciano la campagna in cerca di un futuro migliore, offrendo piccoli servigi nelle dimore dei signori. Accolto dall’ingegner Italo Dejana, imprenditore antifascista dall’animo generoso, Antino dovrà guadagnarsi la fiducia del benefattore e superare la diffidenza della moglie Elsa e dei figli Leonardo, Agnesa e Asmara. La forza della narrazione emerge quando, a un passo dal perdere tutto, Antino dimostra astuzia e determinazione per conquistare il posto che sente di meritare nella famiglia Dejana. La trama è avvincente, ben costruita, con intrecci che mantengono il lettore costantemente in sospeso.
Uno dei punti di forza del romanzo è il modo in cui Roggeri trasforma Cagliari in un vero e proprio protagonista. La città, e in particolare Tuvixeddu, la necropoli punico-romana più grande del Mediterraneo occidentale, assume un ruolo quasi mistico e simbolico: tra tombe scolpite nella roccia, cunicoli nascosti e panorami suggestivi, il luogo custodisce memorie secolari che si intrecciano alla vita di Antino. Roggeri rende Tuvixeddu vivo e palpabile, con descrizioni precise e affascinanti che evocano un senso di mistero e sacralità, facendo percepire al lettore l’eco della storia antica che vibra sotto i piedi dei protagonisti. Questo legame tra personaggi e luoghi conferisce al romanzo una profondità unica, trasformando la narrazione in un’esperienza sensoriale e culturale.
La scrittura dell’autrice è come sempre raffinata, precisa e al tempo stesso intensa, alternando con ritmo sapiente momenti di tensione, introspezione e riflessione storica, restituendo un quadro realistico ma poetico della città e della Sardegna. Con questo ultimo lavoro, l’autrice conferma il suo talento nel raccontare la Sardegna con rigore storico, sensibilità emotiva e fascino letterario, regalando al lettore un’esperienza intensa e memorabile.
E la vera domanda che aleggia sul romanzo, e che lo rende così potente, è questa: fin dove sei disposto a spingerti per ottenere ciò che vuoi? Fin dove sei pronto ad arrivare per ottenere il riscatto che credi di meritare?
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