I luoghi di Sant’Agostino. Il consigliere comunale Angius: «Patrimonio di Cagliari da tutelare»

Il complesso agostiniano di Cagliari – lo spazio ipogeo nel Largo Carlo Felice e la chiesa tra via Baylle e Largo Carlo Felice – è l’unica testimonianza del legame della città con Sant’Agostino da Ippona, il santo autore delle Confessioni
Il complesso agostiniano di Cagliari – lo spazio ipogeo nel Largo Carlo Felice e la chiesa tra via Baylle e Largo Carlo Felice – è l’unica testimonianza del legame della città con Sant’Agostino da Ippona, il santo autore delle Confessioni e de La città di Dio.
Nel 504 le spoglie del santo riposarono infatti nel capoluogo sardo portate qui da esuli del Nord Africa, fino al 722 quando, sempre per paura delle incursioni saracene, vennero traslate a Pavia. Nel luogo che ospitò al tempo le reliquie del santo venne costruita una chiesa, detta di Sant’Agostino extra muros, e un convento, distrutto nel XVI secolo per volere di Filippo e ricostruito in Marina insieme alla nuova chiesa dedicata al santo. Nel 1861 Giovanni Spano parla della chiesa di Sant’Agostino come di un luogo assai frequentato dai devoti soprattutto per il «piccolo Santuario dove si venera il loculo nel quale fu riposta la cassa che conteneva le sacre spoglie». 
È questa la famosa cappella ipogeica alla quale si accede dall’androne di Palazzo Accardo al numero 12 del Largo Carlo Felice. L’edificio venne costruito fra il 1899 e il 1901
e al suo ingresso è ben visibile una lapide che segnala la presenza all’interno della cappella ipogeica dedicata appunto a Sant’Agostino. La posizione interrata del luogo ha fatto sì che nei secoli in questo spazio fosse sempre pieno d’acqua, fenomeno che – come ricorda Giovanni Spano – ha portato i fedeli a recuperare l’acqua e, poiché creduta benedetta, portarla ai malati. Oggi l’accesso alla cappella è reso difficile da una scala a chiocciola ripida, unico mezzo per raggiungere il piano sotterraneo nel quale è conservato anche il famoso altare di marmo, dono del XVII secolo di Elena Brondo Marchesa di Villacidro.
Un’altra chiesa dedicata al santo venne però costruita
nel quartiere Marina e sopravvive oggi non senza difficoltà. Colpita dai bombardamenti che distrussero gran parte della città, la chiesa
venne riaperta solo nel 1978 e affidata a don Vincenzo Fois, che attualmente se ne prende cura. Anche questo luogo non è privo di aspetti inconsueti, primo fra tutti l’antico sito termale romano, ancora inaccessibile ai visitatori.
«Due complessi uno di fronte all’altro, vecchio e nuovo, – ha ricordato Giorgio Angius, Riformatori sardi, durante un’interrogazione in Consiglio – che sono due tesori all’interno di Cagliari che dovrebbero essere valorizzati. I due siti si trovano per giunta in una posizione centrale – prosegue – lungo i percorsi turistici della città, e fra questi anche quello di Sant’Efisio».
«È un problema che sta a cuore all’amministrazione perché si tratta di un bene culturale della città – risponde l’assessore ai Lavori pubblici Gianni Chessa -, la chiesa di via Baylle non è del comune ma del FEC (Fondo edilizia di culto della provincia). Abbiamo fatto dei lavori di copertura della parte elettrica ma si dovrà parlare con la Curia per trovare una soluzione al resto». Altra questione quella di Palazzo Accardo, di proprietà invece del Comune di Cagliari, per il quale sono stati appaltati due gruppi di lavori per 80 mila e 30 mila euro per mettere a posto l’ipogeo e le verifiche del sagrato sottostante. «Il progetto della chiesa sotto Palazzo Accardo – precisa infine l’assessore – è sotto controllo della Sovrintendenza perché è in una fase importante e delicata di restauro dell’ipogeo».

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