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Tra il 1728 e il 1729, il filosofo e scrittore francese Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu, intraprese un lungo viaggio in Italia, lasciandosi alle spalle un diario di viaggio colmo di osservazioni taglienti e spesso impietose sulle città che visitò. Con il suo sguardo ironico e severo, Montesquieu non risparmiò critiche a nessuna delle mete toccate, riservando parole particolarmente dure per Napoli, Roma e persino per Cagliari, definita “una bruttissima città”.
Giunto a Napoli, Montesquieu rimase colpito non tanto dalla bellezza paesaggistica della città, quanto piuttosto dalla sua condizione sociale e politica. Nel suo diario descrisse Napoli come una città caotica e decadente, abitata da un popolo che egli considerava pigro e indolente. I napoletani, a suo dire, vivevano in uno stato di perpetua miseria, reso più tollerabile solo dalla clemenza del clima. Inoltre, il filosofo si scandalizzò per la sporcizia delle strade e per l’atteggiamento fatalista degli abitanti, che sembravano accettare la propria condizione senza volontà di riscatto.
Roma non ricevette un trattamento migliore da parte di Montesquieu. Se da un lato riconobbe la grandezza della città antica e il suo straordinario patrimonio artistico, dall’altro espresse un giudizio feroce sullo stato attuale della capitale papale. Secondo lui, Roma era diventata il simbolo della decadenza, governata da un clero corrotto e immersa in un’atmosfera di immobilismo culturale e politico. Non apprezzò la popolazione locale, che descrisse come bigotta e superstiziosa, né la vita sociale, che gli apparve opprimente e noiosa. Anche i fastosi riti religiosi lo lasciarono indifferente, considerandoli un’ostentazione di potere più che un’espressione di autentica spiritualità.
Durante il suo soggiorno in Sardegna, Montesquieu non fu più clemente nei giudizi. Cagliari, in particolare, fu da lui liquidata senza mezzi termini come “una bruttissima città”, senza alcuna attrattiva degna di nota. La sua impressione sulla Sardegna in generale fu di un’isola arretrata e povera, lontana dal cuore pulsante della civiltà europea. Tuttavia, fece un breve accenno a Sassari, riconoscendo almeno un aspetto positivo: l’aria, secondo lui, era migliore rispetto ad altre parti dell’isola.
Montesquieu viaggiò con l’occhio critico di un intellettuale illuminista, poco incline a lasciarsi affascinare dalle meraviglie artistiche o dai paesaggi suggestivi, e molto più interessato a osservare e giudicare la società, la politica e i costumi dei luoghi visitati. Il suo diario di viaggio è un documento prezioso per comprendere il punto di vista di un europeo del XVIII secolo sull’Italia del tempo, ma è anche una testimonianza della sua intransigenza e del suo atteggiamento spesso sprezzante nei confronti di ciò che non rientrava nei suoi canoni di civiltà e progresso.