La giornata del Fertility Day secondo le donne cagliaritane rappresenta un attacco alla libertà di scelta
Ha scatenato forti polemiche il Fertility Day, svoltosi ieri in tutta Italia. La campagna del Ministero della Salute – costata 113mila euro – è incentrata sul tema della fertilità e della sua protezione. Voluta dal ministro della salute Lorenzin, la
Ha scatenato forti polemiche il Fertility Day, svoltosi ieri in tutta Italia. La campagna del Ministero della Salute – costata 113mila euro – è incentrata sul tema della fertilità e della sua protezione. Voluta dal ministro della salute Lorenzin, la giornata di ieri è stata presentata come un richiamo all’opinione pubblica sull’importanza di procreare. Sono stati coinvolti giovani, insegnanti, famiglie, medici, professionisti, associazioni, società scientifiche e istituzioni locali.
Sul sito del Ministero, viene presentata in questi termini: “Il Fertility Day si propone quale giornata dedicata alla salute sessuale e riproduttiva di donne e uomini, nonché di forte richiamo sul problema della denatalità, attraverso una serie di iniziative, informative e formative, rivolte alla popolazione e agli operatori sanitari”. Scritto così, forse sembrerebbe anche convincente, se non fosse che dietro gli slogan molti intravedono un attacco alla libertà di scelta della donna, in un momento di grave crisi economica che di certo non aiuta a programmare il concepimento di un bambino, Diverse sono state le locandine volute dalla Ministra: “Datti una mossa! Non aspettare la cicogna”, “La bellezza non ha età. La fertilità sì”. Ma ha fatto maggiormente scalpore la locandina in cui si presentava da un lato una famiglia tradizionale come esempio da promuovere, dall’altro un gruppo di ragazzi bianchi che fumano insieme ad alcuni ragazzi di colore. Immagine che, accusano in tanti, rasenta il razzismo e il pregiudizio nei confronti dei giovani d’oggi.
La controversa iniziativa governativa ha sollevato critiche trasversali da parte di quasi tutte le forze politiche e di diversi strati della società civile. Francesca Ghirra, assessore all’Urbanistica del Comune di Cagliari, ritiene si tratti di <<Una campagna offensiva verso chi vorrebbe avere figli ma non può per varie ragioni. Invece che promuovere queste iniziative, si dovrebbero incentivare i giovani a rendersi autonomi e attuare delle politiche efficaci che favoriscano condizioni favorevoli per chi pensa di avere un figlio ma, ad esempio, non ha un lavoro o comunque è in serie difficoltà economiche>>.
La ricercatrice universitaria Maria Concetta Dentoni ride per non piangere: <<In realtà, c’è proprio da piangere. Fare figli per la Patria? Ricorda tristi esempi mussoliniani. Penso che senza lavoro per i giovani, senza asili, senza aiuti alle famiglie, non sono certo gli inviti della ministra a poter far aumentare il desiderio di mettere su famiglia. La successiva campagna sui buoni e cattivi compagni è stata, poi, un ulteriore orrore, con punte di razzismo nemmeno tanto mascherato>>.
Va giù pesante Claudia, trentenne commessa di un supermercato, che sogna un bimbo che però non si decide ad arrivare: <<Quando ho appreso dell’ultima trovata del ministro della salute del governo Renzi, mi sono cadute le braccia e ho provato molta rabbia. Lavoro come commessa da un anno e tre mesi, sono sposata da 2 anni e non posso concepire un figlio perché, se lo facessi, rischierei seriamente di essere licenziata, dato che (dicono loro), hanno bisogno di me. Cara Lorenzin: viene lei a dire al mio datore di lavoro che vorrei diventare mamma ma non mi viene concesso? Quando farete delle leggi che davvero tutelino il diritto di ogni donna alla maternità? Forse quando sarò troppo vecchia ?>>.
Sui social media, intanto, fioccano le parodie delle locandine della campagna ministeriale:
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