C’è ancora la possibilità di iscriversi on line alla prima edizione di Hackerdomo, l’hackathon della Regione Autonoma della Sardegna in programma domenica al Liceo Siotto Pintor, in viale Trento a Cagliari, dalle 9.30 alle 20.

What’s hackaton? Cos’è un hackaton? Come suggerisce la parola, contrazione delle parole inglesi “hack” e “marathon”, è una maratona per hacker: non “pirati informatici” (come viene abitualmente inteso il termine) ma persone in grado di “superare le barriere soprattutto in ambito informatico” grazie a fantasia e talento, secondo la definizione del mensile USA Wired, una delle bibbie dell’universo digitale odierno. In una hackaton, dunque, gli hacker si sfidano per trovare nuove soluzioni per un determinato ambito.

Idee per imparare meglio. Nell’Hackerdomo, seconda hackaton organizzata a Cagliari nel 2015, la Regione aggiunge un altro tassello nella sua sfida al miglioramento dell’istruzione per i ragazzi sardi e prosegue il percorso intrapreso nello scorso agosto con l’accordo stipulato, primi in Italia, con la start up americana Codecademy, con l’obiettivo di diffondere i principali linguaggi di programmazione nelle scuole sarde. La sfida di Hackerdomo dunque passa per l’istruzione: programmatori, esperti, neofiti e appassionati, dovranno inventare con la programmazione nuovi sistemi per rendere più facile e interessante l’apprendimento. Non ci sono limiti di creatività e tecnologie utilizzabili: i progetti saranno valutati al termine della giornata da una giuria qualificata.

Premi, ma non solo. I due migliori, uno per la categoria studenti under 18 ed uno per la categoria non studenti, saranno premiati con 1000 euro ciascuno. Ma Hackerdomo non è solo competizione tra hacker, è anche occasione di confronto e crescita sulla programmazione e le nuove tecnologie grazie a un ventaglio di workshop e laboratori che animeranno l’intera giornata.

La settimana della programmazione. Hackerdomo chiude l’edizione sarda della Code week, la settimana europea della programmazione, arrivata alla terza edizione (dal 10 al 18 ottobre) e animata da un folto calendario di eventi gestiti da appassionati e volontari a Cagliari e Quartu, sempre con l’obiettivo di alfabetizzare alla programmazione giovani e meno giovani per renderli più preparati ad affrontare il futuro sempre più digitale che ci attende.

L’iscrizione all’evento di domenica può essere effettuata attraverso la piattaforma Eventbrite, accessibile dal sito www.hackerdomo.com, dove sono disponibili dettagli e informazioni.

Negli anni Settanta, in via Cocco Ortu, c’era una boutique che più di ogni altra riuscì a intercettare i sogni, lo stile e le ambizioni di un’intera generazione. Non era soltanto un negozio di abbigliamento maschile, ma un vero punto di riferimento per chi voleva vestire alla moda, senza lasciare Cagliari.

L’intuizione fu semplice e allo stesso tempo rivoluzionaria: viaggiare fino a Roma per scoprire le ultime tendenze e portarle in Sardegna, anticipando mode che altrove sarebbero arrivate molto più tardi. Dietro quell’idea c’era un imprenditore visionario, che diede alla boutique il proprio nome, trasformandola in un simbolo di eleganza e modernità. Avete capito di chi parliamo? Si tratta di Bruno Sechi e della sua boutique Brunse, che venne chiamata così per il nome del proprietario.

Foto condivisa da A.Soro nel gruppo FB, Cagliari Tra Passato e Presente Notizie Arte e Cultura

Tra quelle vetrine sono passate camicie dal collo largo, pantaloni scampanati, loden, cinturoni con maxi fibbie: capi che oggi raccontano un’epoca e che allora rappresentavano il desiderio di distinguersi. I giovani cagliaritani trovavano tutto ciò che serviva per sentirsi al passo coi tempi, mentre tra i clienti più affezionati figuravano anche i calciatori del Cagliari, icone di stile e successo.

Nel 1979 il negozio cambiò nome in Brillantina, segnando una nuova fase della sua storia, ma senza perdere la propria identità. Il successo fu tale che il format venne replicato anche a Quartu, dove Riccardo Sechi, fratello del fondatore aprì un altro punto vendita, mantenendo lo stesso stile e la stessa filosofia.

Oggi quelle immagini in bianco e nero, con i commessi e il proprietario ritratti davanti alla boutique, raccontano molto più di un’attività commerciale: raccontano un momento in cui la moda diventò linguaggio, appartenenza e sogno condiviso, lasciando un segno indelebile nella memoria della città.