Nuovo appuntamento con la rassegna “La memoria, la parola”, sabato 18 aprile all’Arco Studio
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Ad Assemini, in via Sardegna 52, ogni anno una casa si accende molto più delle altre. Non è solo una questione di luminarie spettacolari né di addobbi ricercati: dietro quel bagliore c’è una storia familiare che ha trasformato il Natale in un gesto di memoria e resistenza emotiva. A raccontarla è Emanuela Pili, che da quattro anni dedica alle feste un allestimento sempre più ricco, nato non per stupire, ma per ricordare.
«Il Natale è sempre stato la mia festa del cuore», confida. Un legame forte fin dall’infanzia, fatto di attese, luci e piccoli incantesimi capaci di rendere più lieve anche ciò che non lo è. Poi, sedici anni fa, la perdita della sorella ha iniziato a cambiare il significato di quei giorni. Il Natale è diventato un tempo in cui la presenza convive con l’assenza, un modo per tenere vivi i legami.
Il punto di svolta arriva nel 2020, quando Emanuela e il marito si trasferiscono temporaneamente dai genitori: il padre sta male, è un Natale malinconico, inconsapevolmente l’ultimo da vivere insieme. «Sentivo il bisogno di creare qualcosa che portasse serenità», racconta. Così, in silenzio, ogni giorno, allestisce l’intera casa. Sceglie il rossoblù, i colori del Cagliari, perché il padre ne era un tifoso instancabile: un dettaglio che spera possa strappargli un sorriso.
Lui, costretto all’ossigeno e con difficoltà a camminare, non vede i lavori all’esterno. Finché una notte Emanuela decide di portarlo fuori in auto per mostrargli la sorpresa. «Quando arrivammo davanti alla nostra casa illuminata, ricordo ancora le sue parole: “Sa dommu esti bella. Torru a sentiri s’aria de Natali”.» In quel momento, racconta, capì che la luce può davvero farsi conforto, presenza, memoria.
Dal 2021 quell’allestimento è diventato un rito famigliare: la madre la affianca ogni anno, con entusiasmo crescente, mentre il marito è parte imprescindibile della preparazione. «Illumino la casa non per apparire. Lo faccio per mio padre e per mia sorella, perché nelle luci io li ritrovo», spiega. Ma c’è anche un altro motivo: offrire a chiunque ne abbia bisogno un frammento di speranza.
La casa, infatti, resta aperta ogni giorno fino al 6 gennaio, con orario continuato. Un luogo pensato soprattutto per i bambini, ma in cui tutti possono entrare liberamente: chi vuole lasciare una letterina a Babbo Natale, salire sulla slitta, scattare una foto, o semplicemente ritagliarsi un momento di quiete. «Se anche solo per un secondo queste luci riescono a dare gioia a qualcuno, per me è già abbastanza», dice Emanuela.
Così, ad Assemini, quella casa non è solo un’attrazione natalizia: è un invito. A ricordare, a ritrovare stupore, a credere che un gesto semplice – una luce accesa, ogni anno – possa ancora scaldare il cuore.