L’aggiornamento del piano di gestione del SIC è stato approvato e i cittadini tortoliesi si chiedono quale futuro attenda il Lido di Orrì, da tutti definito il piatto forte dell’offerta turistica tortoliese. Si auspica ad un uso sostenibile del territorio, che conservi l’ecosistema ma che allo stesso tempo possa creare occupazione e far girare un’economia che da troppo tempo versa in cattive acque. L’amministrazione comunale in questo senso si sente positiva.

L’assessore all’ambiente Walter Cattari spiega “Abbiamo approvato il Piano e una volta ottenuto il placet della regione, come Comune parteciperemo al bando ad hoc per ottenere i finanziamenti europei destinati alle aree Sic. Il nostro obiettivo, come amministrazione, è quello di tutelare flora e fauna in primis, ma anche quello di potenziare i servizi del Lido, creando nuove attività e dando nuova linfa a quelle già esistenti. Infatti ci stiamo muovendo per dare vita a delle piste ciclabili, alla rete fognaria e – attraverso una collaborazione con l’Ente Foreste – stiamo studiando un piano per prevenire gli incendi nella zona. Abbiamo molto a cuore il futuro di Orrì. Sono stari già individuati gli interventi  da attuare nel breve, medio e lungo periodo sulle valenze naturalistiche ed ambientali che la Comunità europea ha individuato come di pregio sull’area del SIC Lido di Orrì. Alcuni vincoli sono stati allentati e questo chiaramente lascia una porta aperta a nuovi investimenti economici, che però non saranno mai invasivi: la tutela della natura e della biodiversità prima di tutto. Ma con buon senso, tenendo conto anche delle esigenze economiche della nostra zona”.

In epoca romana, la Sardegna figurava tra i principali territori di estrazione di piombo e argento, seconda solo a regioni come la Spagna e la Bretagna. Questi due minerali rivestivano un ruolo cruciale nell’economia e nell’espansione dell’antica Roma, costituendo risorse strategiche per l’organizzazione della vita civile e militare.

Il piombo veniva utilizzato in diversi settori: era indispensabile per la costruzione delle condotte idriche, per le infrastrutture pubbliche e militari e per la fabbricazione di utensili domestici. L’argento, invece, era essenziale per la monetazione e serviva alla produzione di monete come i sesterzi, largamente diffusi nei territori imperiali.

Grazie alla sua abbondanza di materie prime, la Sardegna era disseminata di giacimenti, soprattutto nelle zone dell’Iglesiente e del Sarrabus. Le stime indicano che, sotto il dominio romano, furono estratte sull’isola circa 600.000 tonnellate di piombo e 1.000 tonnellate di argento, fornendo un apporto significativo alla forza economica e alla stabilità dell’Impero.