Parigi. Attentanto terroristico contro la redazione del Charlie Hebdo
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C’è un corridoio. Lungo, oscuro, interminabile. Sul soffitto, una lampadina rossa trema e si spegne a intermittenza. Ai lati, porte segnate da scritte misteriose: Consapevolezza (Awareness), Valutazione (Consideration), Acquisto (Decision), Fidelizzazione (Retention), Promozione (Advocacy).
È il viaggio del cliente (Customer Journey: l’insieme delle tappe che portano un potenziale acquirente a diventare cliente fedele e, talvolta, ambasciatore del marchio). Un percorso che dovrebbe essere chiaro, guidato, illuminato. Ma se mal progettato, si trasforma in un incubo: un labirinto di ombre in cui il cliente si perde e il brand resta condannato all’oblio.
Il corridoio inizia con una scintilla. Una lampadina che si accende e spegne, rivelando a tratti la presenza del brand. È la prima luce: la consapevolezza (Awareness). Qui il cliente entra in contatto per la prima volta con l’azienda: una pubblicità, un post sui social, un articolo trovato per caso. Ma come nei film di Argento, la prima scena può essere ingannevole. Se la luce è fioca, se il messaggio è confuso, il cliente non capisce chi sei. Ti vede, ma non ti riconosce. Ti ricorda, ma non sa dire perché. E nel buio, svanisci.
Il cliente prosegue, attratto da un suono lontano. Ma il corridoio si biforca, le ombre si moltiplicano, i cartelli si contraddicono. È entrato nel labirinto della valutazione (Consideration). Qui il cliente cerca informazioni, confronta, analizza. È la fase in cui chiede: Perché dovrei scegliere te e non un altro? Se trova solo muri vuoti, siti poco chiari, offerte contraddittorie, l’esperienza si trasforma in smarrimento. Le recensioni diventano spettri urlanti, i competitor come voci che lo chiamano dall’oscurità. Ogni brand che non illumina questa fase condanna il cliente a perdersi tra mille alternative.
Ecco la soglia. Una porta con la maniglia fredda come il metallo di una lama. È qui che il cliente sceglie: comprare o voltarsi indietro.
Si trova davanti all’orrore della porta ghiacciata: la porta dell’acquisto (Decision)! Ma il brand non è pronto. Il sito non funziona, il pagamento è complicato, le condizioni poco chiare. E allora la porta diventa trappola: il cliente la apre con fatica, trova solo ostacoli e abbandona la stanza. Un acquisto perso non è solo una vendita mancata: è una ferita profonda nella fiducia.
Chi riesce a entrare oltre la porta si trova in una sala spoglia, polverosa, dimenticata. Nessuno lo accoglie. Nessun messaggio post-vendita, nessuna attenzione, nessuna cura. Il cliente resta solo, come un sopravvissuto in un film horror che attende invano aiuto. E qui la tragedia: un cliente non seguito, non coccolato, diventa terreno fertile per i competitor, diventa preda della Stanza Vuota, la stanza della Fidelizzazione (Retention). Fugge via, e il brand perde non solo una relazione, ma anche il futuro che poteva nascere da essa.
Alla fine del corridoio, l’ultima porta. Qui, in teoria, il cliente dovrebbe trasformarsi in ambasciatore, pronto a raccontare al mondo la sua esperienza positiva. Ma la stanza è vuota, il vento fischia tra pareti fredde e si avverte l’eco gelida della Promozione (Advocacy). Non c’è storytelling, non c’è engagement, non c’è alcuna leva per stimolare il passaparola. Il brand perde così la sua voce più potente: quella dei clienti stessi.
Il viaggio del cliente (Customer Journey) non è un esercizio teorico. È un film in cui ogni fase è una scena, ogni dettaglio può decidere il destino della storia. Se il percorso è chiaro, guidato, coerente, il cliente vive un’esperienza memorabile. Ma se è trascurato, si trasforma in un incubo degno di Dario Argento: corridoi senza uscita, ombre che confondono, silenzi che gelano il sangue.
Il vero orrore, nel marketing, non è perdere una vendita. È perdere la fiducia di chi aveva scelto di entrare nel tuo corridoio.