“Sono arrivata in Sardegna all’età di un anno, assieme a mia madre, sono nata ad Amman in Giordania. Sono cresciuta passando qualche mese all’anno lì con il resto della mia numerosa e bellissima famiglia, avendo modo di fare esperienza e conoscere meglio le mie radici e la mia cultura d’origine Palestinese”. Ahlam Hmaidan ha 31 anni e non può che essere una attivista per la pace, visto che la guerra e i sopprusi sono impressi nella storia della sua famiglia e del suo popolo.
“Ho fatto tutto il mio percorso scolastico a Cagliari, ho frequentato il liceo scientifico e conseguito il completamento del tirocinio di Infermieristica all’università di Cagliari, ma non mi sono laureata. Ho atteso che il mio compagno si laureasse quell’anno, per fare subito le valigie diretti verso Londra e seguire la mia passione per l’alta moda e l’innovazione. Nei successivi 3 anni ho lavorato per i più grandi brand mondiali, acquisendo l’esperienza che mi ha permesso di tornare qui a casa ed investire nel mio progetto, ideato assieme a mia sorella; nel contempo non ho mai interrotto i miei studi nell’innovazione e la costruzione di una comunità digitale attiva”.
Raccontaci il tuo impegno costante per i diritti umani
Nella mia vita, nonostante gli ostacoli, ho sempre coltivato il mio richiamo all’attivismo verso i diritti umani e animali. Vi racconto questo per portarvi alla mia personale esperienza e consapevolezza di quanto sia importante non smettere mai di educarsi e conoscere il più possibile, facendosi sempre guidare dalla curiosità. La mia famiglia è composta da 4 persone, mamma, papà e mia sorellina. La storia di vita di mio padre è quella di uomo che ha sempre fatto di tutto per la libertà e la dignità della sua famiglia, mi ha cresciuta con valori di rispetto verso il prossimo, verso la vita in generale, che mi permettono oggi di essere una donna in equilibrio con se stessa e con la comunità che mi circonda. Mi piace tanto darmi da fare in questo senso, sono ben consapevole della responsabilità a esistere in una comunità e a spingere affinché essa si attivi di conseguenza, specialmente quella isolana,
Questo cosa significa per te?
Per me far parte di un insieme significa essere consapevoli che esso è in essere anche in relazione alla mia stessa esistenza e quindi alle mie azioni, il resto conta relativamente.
Raccontaci la storia della tua famiglia
Mio padre è nato in un paesino vicino a Giaffa, Palestina (Yafa,Falastin) ora occupata dal regime sionista di apartheid. E’ stato un ragazzo intraprendente che dalla desolazione dell’essere dovuto emigrare dalla sua terra assieme alla sua famiglia, quindi dalla Palestina verso la Giordania, è riuscito a costruirsi una vita dignitosa e serena qui sull’isola. Prima di arrivare in Sardegna si è laureato come ingegnere meccanico all’università di Napoli e ha poi raggiunto i suoi due fratelli maggiori che invece vivevano qui da poco come medici attivi sul territorio. La storia di mia madre è anch’essa simbolo di forza e coraggio per me; è nata ad Amman anche lei figlia di una numerosa famiglia palestinese in Giordania. All’età di 17 anni decide di partire in Siria per studiare e grazie al supporto della famiglia inizia poi un gli studi all’università. Ed è in Siria che conosce mio papà, dopo poco si sposarono. Io e lei raggiungeremo assieme mio padre a Cagliari, città che la fa innamorare e dove immagina il suo ristorantino, un posto che ha sempre descritto come il suo obbiettivo per sentirsi finalmente una donna libera.
E ci riesce?
Devi sapere che mi ha sempre affascinato guardare i miei genitori cucinare assieme, hanno un talento innegabile, li ho sempre visti cucinare per le cene con gli amici e cucinare per me e mia sorellina come fossimo 10 in casa. Hanno trovato il loro posto nel mondo qui sull’isola, un posto che con orgoglio chiamano casa da più di un trentennio. L’istruzione, l’auto-educarsi, la ricerca della conoscenza, su vari livelli devo dire, è un valore che mi è stato trasmesso direttamente dai miei genitori e indirettamente dalla mia cultura d’origine, che riconosce apertamente come il Diritto all’Istruzione come diritto fondamentale per tutte e tutti gli umani, strumento necessario all’emancipazione personale e comunitaria, quindi vitale per la liberazione di un popolo sotto occupazione e abuso di ogni tipo.
Il vostro è uno dei popoli più istruiti al mondo, giusto?
Prima del 2023, la Palestina registrava uno dei più alti tassi di alfabetizzazione del mondo arabo, con oltre il 97% di alfabetizzazione tra gli adulti e quasi il 99% tra i giovani (15-24 anni), secondo dati UNESCO. Le donne palestinesi in particolare raggiungevano livelli d’istruzione molto elevati: oltre il 50% tra i 18 e i 29 anni aveva completato un ciclo di studi superiori (fonte: PCBS/UNRWA). Tuttavia, a partire dal 2023, il diritto all’istruzione è stato gravemente colpito: più di 600.000 studenti, inclusi circa 90.000 universitari, hanno perso l’accesso a scuole e atenei a Gaza, secondo dati UNICEF riportati da Labiba.org. 45.000 bambini non hanno potuto iniziare il primo anno di scuola. Anche l’ Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) ha denunciato demolizioni di scuole finanziate dall’Italia in Cisgiordania, a pochi giorni dalla loro inaugurazione. Attualmente, l’ UNRWA gestisce ancora 706 scuole per oltre 543.000 studenti rifugiati palestinesi, portando avanti l’impegno per un’istruzione inclusiva e di qualità, come sostenuto anche dall’ UNESCO nel 2024.
Cosa significa essere palestinese e sarda?
Se penso alla mia identità mi sento sempre pervasa da un senso di gratitudine infinita. Sono cresciuta tra due culture magiche, diverse ma al contempo molto simili, perché legate alla terra, al sua cura e alla cura di chi la vive. Anche volendo identificarmi in una cosa sola, palestinese o sarda, non mi sarebbe possibile, in me convivono beatamente due culture di cui sono molto fiera, e di cui sono testimone diretto. La solidarietà che ha pervaso la mia vita e quella del mio popolo riguardo il genocidio e lo sterminio di civili in Palestina, mi rincuora, mi motiva e mi spinge a fare del mio meglio nelle mie possibilità. Esseri testimoni del razzismo globale verso un popolo innocente nei miei 31 anni di vita è stato straziante a dirla leggera. Ma adesso, oggi, percepisco finalmente un risveglio e un attivazione più diffusa riguardo questa immane ingiustizia umana. Le persone mi abbracciano, sono curiose, sono consapevoli di ciò che sta accedendo, bisogna spingere tutte e tutti ad agire e parlarne in ogni contesto possibile, è vitale per i bambini e per tutto il popolo di Gaza, della Palestina e non solo.
Raccontaci della censura che ti ha colpita
Per me, ciascun umano dovrebbe indignarsi e farsi avanti per aiutare un popolo che è stato terrorizzato, torturato, rinchiuso, umiliato, demonizzato, usato come cavia militare e infine sottoposto ad un genocidio in diretta streaming mondiale; ne va del rispetto e riconoscimento dei diritti fondamentali di ogni umano su questa Terra e del rispetto verso la vita in generale, se si ignora anche questo, se si finisce di normalizzare, stiamo abbassando ogni standard esistenziale per tutte e tutti. Onestamente, Dovremmo essere di più a questo punto. La censura e la persecuzione digitale è stata ed è estrema, espressa in ogni modo possibile, dall’impossibilità di pubblicazione di materiale educativo sulla Palestina alla chiusura di tutti i miei profili, Meta e Instagram, anche quelli professionali. Ancora oggi ne pago le conseguenze a livello pratico, a testa alta però! E questo cambia tutto, mi da una carica infinita verso la rivincita anche personale e il conseguimento di obbiettivi ancora più ambiziosi. Non mi lascio mai trascinare in luoghi esistenziali bui, d’ altronde so di stare dalla parte della giustizia e dei diritti dei popoli indigeni. Se chiudono, riapro!
Ora vivi per conto tuo?
Adesso vivo serena in un paese vicino a Cagliari assieme al mio compagno di 11 anni di vita ormai, che invece e’ sardo. Sin da subito, la sua famiglia mi ha accolto a braccia aperte ed è stato bellissimo vederli affacciarsi alle mie origini con genuina curiosità e interesse, sono molto grata per la nostra famiglia sardo-palestinese.