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Come si dice ombrello in sardo campidanese?
Come si dice ombrello in sardo campidanese? La risposta arriva da una lingua sorprendentemente ricca, un vero mosaico di sfumature che porta con sé secoli di storia, dominazioni e influenze capaci di trasformare anche gli oggetti più comuni in piccole testimonianze culturali.
In sardo ogni termine ha un percorso tutto suo, spesso modellato dal passaggio di popoli e lingue straniere che nel tempo hanno lasciato impronte profonde e durature, creando un lessico unico e decisamente affascinante. Tra le parole curiose ce n’è una che riguarda proprio lui, l’ombrello, nostro inseparabile compagno nelle giornate di pioggia, quello che ci segue rassegnato tra pozzanghere e acquazzoni e che al primo soffio di vento decide puntualmente di ribellarsi trasformandosi in una vela impazzita, facendoci sembrare improbabili schermidori alle prese con le intemperie. E allora come si dice ombrello in sardo campidanese? Semplice, si dice perecu, oppure paràcua, un termine che arriva direttamente dallo spagnolo paraguas, che guarda caso significa proprio para l’acqua e che dimostra quanto la lingua sarda sia un intreccio vivissimo di storie, incontri e prestiti linguistici.
Una scelta pratica, evocativa e anche simpatica, che racconta senza troppi giri di parole la funzione dell’oggetto e allo stesso tempo ricorda quanto ogni vocabolo sardo abbia qualcosa da svelare. Così, la prossima volta che vi ritroverete a sfidare vento e pioggia, sappiate che non state soltanto aprendo un ombrello, ma state innalzando un fiero perecu o un nobile paràcua, piccoli ambasciatori linguistici di una terra che ha sempre qualcosa da raccontare e che, proprio come la sua pioggia improvvisa, non smette mai di sorprendere.