Apertura Emodinamica. Dopo le elezioni, silenzio assoluto
Quella relativa all’apertura del reparto di emodinamica dell’ospedale di Lanusei, purtroppo sembra essere una promessa da catalogare tra le non mantenute. Infatti, a circa quaranta giorni dal presunto via libera della Regione, gli ogliastrini si trovano ancora dinnanzi ad un
canale WhatsApp

Reparto emodinamica
Quella relativa all’apertura del reparto di emodinamica dell’ospedale di Lanusei, purtroppo sembra essere una promessa da catalogare tra le non mantenute. Infatti, a circa quaranta giorni dal presunto via libera della Regione, gli ogliastrini si trovano ancora dinnanzi ad un nulla di fatto. L’annuncio del via libera regionale era stato dato pochi giorni prima delle elezioni di febbraio ma, ad oggi, la sala ( dotata di attrezzature all’avanguardia e pronta da due anni) risulta chiusa e i pazienti ogliastrini ancora costretti a spostamenti a Nuoro e a Cagliari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Come si dice “piselli” in sardo campidanese? Un viaggio tra lingua, terra e tradizione

Anche un termine semplice e apparentemente banale come “piselli” può diventare il punto di partenza per scoprire la ricchezza della lingua sarda, in particolare del campidanese.
canale WhatsApp
Come si dice “piselli” in sardo campidanese? Un viaggio tra lingua, terra e tradizione.
Sardegna, terra dalle mille sfumature linguistiche e culturali, crocevia di influenze antiche e orgoglio di una tradizione che resiste al tempo. Qui, ogni parola è un piccolo frammento di storia, ogni suono racconta la vita quotidiana di un popolo che da secoli vive in simbiosi con la propria terra.
Anche un termine semplice e apparentemente banale come “piselli” può diventare il punto di partenza per scoprire la ricchezza della lingua sarda, in particolare del campidanese, la varietà parlata nella parte meridionale dell’isola. Il termine italiano “pisello” affonda le sue radici nel latino pisum, che a sua volta deriva dal greco pison, forma neutra di pisos. Una lunga discendenza linguistica per indicare una pianta umile ma preziosa, coltivata e apprezzata sin dall’antichità. Il pisello è infatti una pianta erbacea annuale della famiglia delle Fabaceae, originaria delle regioni mediterranee e orientali, che ha accompagnato per secoli la dieta e la vita delle comunità agricole. I suoi semi, piccoli e verdi, sono ricchi di amidi e proteine e hanno rappresentato una fonte di sostentamento fondamentale sia per l’uomo sia per gli animali, simbolo di abbondanza e fertilità nei campi. In sardo campidanese, però, il pisello non si chiama semplicemente “pisellu” come si potrebbe pensare per affinità con l’italiano. La lingua locale, con la sua fantasia e dolcezza, preferisce parole come pisuruci o pisurci, e in alcune zone anche prisucci. Tutte queste forme derivano da pisu druci, che significa “pisello dolce”.
Un modo affettuoso e genuino di nominare questo piccolo frutto della terra, con quella dolcezza tipica della parlata sarda che trasforma i suoni in espressioni di appartenenza. Il pisello, dunque, non è solo un alimento ma anche un tassello del vasto mosaico linguistico e culturale dell’isola. Chiamarlo pisuruci significa evocare un mondo di orti familiari, di mani che lavorano la terra, di stagioni che si rincorrono e di una lingua che sa unire passato e presente in un’unica melodia. E così, dietro una semplice parola, si nasconde l’essenza stessa della Sardegna: una terra capace di dare sapore e vita anche alle cose più piccole, mantenendo vivo il legame profondo tra la natura, la lingua e l’identità di un popolo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA