La Corte d’Assise di Perugia ha condannato all’ergastolo Raffaele Arzu e Pietro Pala, accusati di aver ucciso a colpi di kalashnikov il carabiniere Donato Fezzuoglio durante l’assalto alla banca MPS del gennaio 2006.

Fine pena mai.  La sentenza è arrivata la notte scorsa. Durissima. Dopo 17 ore di Camera di Consiglio, i giudici hanno inflitto agli imputati anche l’isolamento diurno per 18 mesi. In aula era presente solo l’ex super latitante Arzu, mentre Pietro Pala è rimasto in carcere.

I fatti.  Era il 30 gennaio 2006 quando un commando armato sfondò con un pick up la vetrata del Monte dei Paschi di Siena di Umbertide, in Umbria. I due banditi Arzu e Pala spararono a colpi di kalashnikov contro i carabinieri intervenuti per sventare la rapina. Donato Fezzuoglio morì sul colpo e venne ferito gravemente anche un militare. I due banditi riuscirono quindi a fuggire, portando via un bottino di circa 900mila euro.

Dopo anni di indagini, ieri la Corte d’Assise di Perugia ha posto la parola fine su questa drammatica vicenda.

C’è una Sardegna che resiste al tempo, che non dimentica le proprie radici e continua a custodire saperi antichi con la stessa cura di un tesoro. È questa la Sardegna raccontata dal giornalista e conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, che ha condiviso la sua esperienza in un’azienda agricola con agriturismo nel cuore del Sulcis: Sogno Sulcitano.

Qui, a conquistare subito l’attenzione, è Nerina, ultrasettantenne instancabile che ogni giorno, dall’alba al tramonto, lavora con dedizione in un forno che ha 250 anni di storia. Con mani esperte e gesti tramandati da generazioni, impasta grani antichi coltivati direttamente dall’azienda per dare vita a pane fragrante, fregula – “la migliore mai assaggiata fino ad ora”, scrive Ranucci – fettuccine e dolci che non sono semplici ricette, ma vere opere d’arte capaci di racchiudere sapori perduti.

Nerina non ha mai preso un aereo. Ha scelto di restare saldamente ancorata al suo mondo, fatto di forno caldo, terra e tradizioni. Una vita semplice e straordinaria, nella quale però non manca la passione per la lettura, che coltiva con la stessa intensità della sua arte in cucina.

Il racconto di Ranucci è un omaggio a quella Sardegna che non cede all’omologazione, ma continua a custodire le proprie radici, trasformandole in un’esperienza sensoriale unica, da assaporare e da tramandare.