Con la IX edizione della rassegna “Pane e Olio in frantoio” del 2010, Ilbono ha portato in piazza i suoi prodotti più genuini. Arte e artigianato in esposizione nelle case delle vie centrali, con le donne e gli uomini del paese orgogliosi di offrire ai visitatori insieme al pane tipico e all’olio novello, la gustosa focaccia ilbonese s’anguli e corcoriga. Nei frantoi aperti al pubblico i produttori hanno spiegato le tecniche di lavorazione del pregiato olio extravergine, dalla raccolta alla spremitura, fino all’imbottigliamento.

Oltre venti postazioni aperte , con case e vetrine che hanno presentato i prodotti del centro ogliastrino: il pane tipico, i pizzi e i ricami, la lavorazione del legno, le sculture in ginepro. In un locale del centro sono stati raccolti i lavori dei bambini con i disegni e le composizioni premiati.

Sabato, è stato presentato il programma del Rally Ronde d’Ogliastra, gara di automobilismo su strada, valido per il campionato nazionale.

La domenica pomeriggio In un grande salone, dove è stata riprodotta la scenografia della raccolta delle olive, le donne, hanno preparato il pane e i culurgionis , accompagnate dal suggestivo suono delle launeddas e della fisarmonica. Il pubblico ha seguito con grande interesse le varie fasi della lavorazione, dalla preparazione della pasta, fino alla cucitura dei culurgionis.

Nel la casa museo “Sa Domu ‘e ir Ducus”, nel centro storico, è stata allestista un’interessante mostra fotografica con decine di immagini storiche che raccontano la vita di Ilbono dai primi del ‘900. Al sottopiano dello stesso museo, è stata presentata la mostra degli antichi costumi tradizionali maschili e femminili di Ilbono, curata da Mario Barrui che, per l’occasione, ha pubblicato un libro intitolato “Su estiri e is usansias antigas irbonesas”, presentato da Paolo Pillonca.

La sfilata di moda dei migliori stilisti sardi, con in testa Modolo e Borrotzu ha dato un ultimo tocco di classe alla rassegna . A causa del vento freddo di maestrale e la pioggia, gli organizzatori hanno deciso di far sfilare le modelle all’interno del salone parrocchiale. Il pubblico ha seguito numeroso e con grande partecipazione l’esibizione. La manifestazione è stata presentata da Giuliano Marongiu.

Come si dice lumaca in sardo campidanese?

Come si dice lumaca in sardo campidanese è una domanda che apre un piccolo universo linguistico dove ogni termine porta con sé storia, tradizione e un pizzico di simpatia.

Un nome che sembra quasi uno scioglilingua, si attorciglia proprio come una lumaca nel suo guscio e crea un’immagine poetica, che piace a grandi e bambini e accompagna un mondo di suoni capaci di evocare scene e colori della vita quotidiana. In sardo campidanese, la lumaca si chiama su sitzigorru, un nome che danza sulla lingua come un gioco antico, un suono che si attorciglia proprio come il piccolo abitante del suo guscio ed è una parola che evoca immagini vivide, quasi un piccolo incantesimo fonetico che affascina grandi e bambini, rafforzando l’idea che il lessico locale riesca a trasformare anche la creatura più minuta in un simbolo di identità. E poi, la natura si diverte a dare sfumature e distinzioni anche tra le sue creature più semplici, introducendo variazioni che rendono la lingua ancora più ricca e sorprendente, perché su boveri è su sitzigorru mascu, il maschio, quasi come se fosse il guardiano di questo minuscolo mondo nascosto tra l’erba umida, mentre se il guscio porta striature sottili il suo nome si allunga e diventa sitzigorru petiatzu, come un racconto che si intreccia tra le pieghe del tempo e aggiunge un tono di delicatezza all’immagine. Ma quando il guscio è ancora tenero, fragile come una promessa appena nata, allora è su sitzigorru buca moddi, una piccola casa in divenire, delicata come il primo respiro di un giorno di pioggia che cade lieve sulla terra, mentre per chi sfida le onde e non striscia sulla terra ma scivola tra le correnti salate del mare esiste il nome su sitzigorru de mari, una piccola creatura che porta con sé la leggerezza dell’acqua e il mistero delle profondità. Ogni nome racconta una storia, ogni parola sussurra un frammento di terra e di mare, di vento e di pioggia, e il sardo non è solo una lingua, è una melodia incisa nella memoria, un suono che raccoglie la vita e la trasforma in poesia, rendendo persino la semplice lumaca un simbolo affettuoso della cultura campidanese.