Tra parola e musica. Intervista a Gianluca Medas
È iniziata dall’Ogliastra la sesta edizione di Significante, la Rassegna di Spettacolo tra Parola e Musica di Figli d’Arte Medas, l’associazione culturale guidata dal Maestro Gianluca Medas. Quest’anno l’argomento principale sarà la Giustizia; infatti, giovedì 4, a Elini è stato
È iniziata dall’Ogliastra la sesta edizione di Significante, la Rassegna di Spettacolo tra Parola e Musica di Figli d’Arte Medas, l’associazione culturale guidata dal Maestro Gianluca Medas.
Quest’anno l’argomento principale sarà la Giustizia; infatti, giovedì 4, a Elini è stato rappresentato il libro “Il codice della vendetta barbaricina”, dell’autore orunese Antonio Pigliaru (Orune 1922- Sassari 1969). Noi di Vistanet c’eravamo e abbiamo intervistato Gianluca Medas prima della messa in scena del suo spettacolo.
Maestro, perché avete scelto un tema così complesso e alto come la Giustizia?
Abbiamo scelto questo tema perché oggi stiamo vivendo dei tempi davvero difficili, caratterizzati da molte ingiustizie: ingiustizia sociale, economica e persino politica. Per questo abbiamo voluto indagare sulla nozione di Giustizia, nel suo significato più alto, partendo proprio dal concetto che ne avevano gli intellettuali e i grandi uomini del passato come Antonio Pigliaru. L’importanza di questo autore, oltre ad avere avuto un ruolo attento nella Questione Sarda, proponendola come laboratorio di discussione, sta nell’aver descritto in modo attento e direi quasi scientifico una consuetudine, ossia l’idea e l’uso che si aveva della giustizia nella società sarda, principalmente nella Barbagia della prima metà del Novecento. In Sardegna con la parola Giustizia non s’intende solo un principio morale di equità e di virtù, ma anche un modo popolare per indicare le forze dell’ordine e gli organi deputati a mettere in pratica quei principi, ossia i magistrati e i giudici. In ogni caso la parola Giustizia in sardo ha quasi sempre un’accezione negativa, basti pensare a espressioni colorite come “sa giustìtzia mala, sa giustìtzia chi ti mòciat, oppure ‘tza chi ti cùrgiat”.
Secondo lei, quali sono le radici di questo sentimento avverso nei confronti della Giustizia?
Dobbiamo renderci conto che in passato la Giustizia era rappresentata dal Re, un Re straniero che non si trovava in Sardegna, ma che sull’Isola aveva i suoi rappresentanti, i quali, avevano un modo tutto particolare di gestire la giustizia. Erano indulgenti verso i ricchi e intolleranti nei confronti dei poveri. Questo stato di cose, con l‘andare del tempo, ha condizionato l’universo mentale dei Sardi e persino il loro modo di esprimersi e di concepire la realtà.
Lo scopo dell’Associazione Figli d’arte Medas è quello di portare avanti un discorso basato sul Teatro, la Cultura Popolare e la Narrazione. In questa rassegna però la vostra Compagnia mette in scena opere classiche e testi letterari, che per definizione non sono popolari ma colti e dotti. Com’è possibile quest’accostamento tra Letteratura e Cultura Popolare?
Per molti questo potrebbe sembrare un accostamento azzardato, ma chi conosce la nostra storia sa che non c’è nulla di strano. Io vengo da una famiglia di teatranti che per tradizione ha sempre portato in scena commedie dialettali e popolari, ma ogni rappresentazione aveva al suo interno un contenuto profondo degno di un’opera classica. Non bisogna poi scordare che la letteratura ha sempre attinto a piene mani dalla cultura popolare.
Negli spettacoli che portate in scena, date un grande spazio alla musica, infatti, le vostre opere sono musico-teatrali. Ma qual è funzione della componente musicale all’interno della rappresentazione? La musica ne costituisce il contenuto e l’essenza oppure la forma?
La musica è un modo di raccontare la storia, come la voce. Insieme raccontiamo una storia. Come si può ballare senza musica. Così come il ballo e la musica fanno la festa allo stesso modo, la musica e le parole costruiscono un racconto. Per questo devo ringraziare i miei collaboratori, Andrea Congia, che si alterna alla voce narrante con la chitarra classica e Enzo Favata con il sax.
Quest’estate, sempre ad Elini, avete portato in scena il libro dei Marcello Fois “Memorie del vuoto”, un romanzo ispirato alla vita del bandito arzanese Samuele Stochino, la Tigre d’Ogliastra. Perché la gente si appassiona ancora alla figura di questo bandito?
Sicuramente la vita di Samuele Stochino non è un esempio da seguire. Stochino era un delinquente e nonostante le cause che lo hanno portato a delinquere fossero cause giuste, alla fine si è macchiato di delitti disonorevoli e crudeli come l’uccisione di una bambina innocente. Ad ogni modo penso che chi s’appassiona a questa figura lo faccia per un desiderio di giustizia innato che ognuno conserva dentro.
Grazie Maestro!

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