Sull’onda della storia, alla scoperta di San Pietro di Sorres, gioiello della Sardegna

Nel cuore della Sardegna, a Borutta, s'innalza un'architettura che sfida il tempo: la chiesa di San Pietro di Sorres. Questa ex cattedrale, oggi abbazia, si erge maestosa sulla cima di un colle vulcanico, un baluardo di bellezza che indubbiamente si annovera tra i più affascinanti esempi di stile romanico-pisano non solo in Sardegna, ma anche oltre i suoi confini. Le sue forme armoniche e la sorprendente bicromia che caratterizza gli interni la rendono un'opera architettonica unica.
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Sull’onda della storia: alla scoperta di San Pietro di Sorres, gioiello della Sardegna.
Nel cuore della Sardegna, a Borutta, s’innalza un’architettura che sfida il tempo: la chiesa di San Pietro di Sorres. Questa ex cattedrale, oggi abbazia, si erge maestosa sulla cima di un colle vulcanico, un baluardo di bellezza che indubbiamente si annovera tra i più affascinanti esempi di stile romanico-pisano non solo in Sardegna, ma anche oltre i suoi confini. Le sue forme armoniche e la sorprendente bicromia che caratterizza gli interni la rendono un’opera architettonica unica.

Particolare della facciata
La sua edificazione, come era comune all’epoca, avvenne in diverse fasi. I lavori, iniziati intorno al 1170-1171, si protrassero fino al 1200, anno in cui con ogni probabilità fu completata. Una firma, quella di Mariane Maistro, scolpita su un gradino del portale principale, ne attesta la paternità, suggellando l’identità del “maestro” che diresse l’opera. Il colle, a 570 metri di altezza, non fu scelto a caso: la sua importanza strategica era già stata riconosciuta da tempo, come testimoniano i resti di un nuraghe trilobato e le tracce di antiche frequentazioni puniche, romane e bizantine.
Le fasi costruttive si riflettono nella stessa struttura dell’edificio, un dialogo tra materiali che ne definisce l’identità: parti in calcare e pietra vulcanica si sovrappongono a pilastri in muratura, mentre la bicromia dell’esterno, caratterizzata dall’alternanza di arenaria chiara e basalto scuro, cattura lo sguardo. Un ricco apparato decorativo impreziosisce ogni dettaglio: rombi e ruote a giri concentrici corrono lungo il perimetro, mentre i fianchi e l’abside sono ornati da “ricami” in pietra, con colonnine, archetti pensili, mensole e intarsi che formano un vero e proprio merletto architettonico. L’abside in particolare si distingue per la sua eleganza e per lo slancio della loggetta cieca, da cui emerge una croce.
La facciata, rivolta a ovest, è l’elemento più elaborato del monumento. Suddivisa in quattro livelli, i primi tre sono scanditi da arcate e finte logge, mentre l’ultimo, liscio, culmina con un timpano al cui centro si apre un occhio circolare con una croce in pietra. Entrando, l’interno si presenta diviso in tre navate: quella centrale, più ampia, è separata dalle due laterali da due file di otto pilastri cruciformi che sorreggono le arcate e la copertura a crociera. Gli archi centrali, a tutto sesto, si distinguono da quelli laterali, a sesto rialzato, una soluzione ingegnosa per contenere le spinte delle volte, come una vela gonfiata dal vento. Le finestrelle in facciata e nell’abside, insieme alle monofore sulle pareti, lasciano filtrare la luce “necessaria”, creando un’atmosfera di profonda spiritualità.
Sul presbiterio sopraelevato, l’altare maggiore è affiancato da una nicchia che in passato fungeva da cattedra vescovile. La navata sinistra accoglie una Madonna col Bambino quattrocentesca, una statua lignea dorata venerata come “regina del Meilogu” e “madonna delle grazie”. L’ambone ospita un pulpito marmoreo “gotico”, probabilmente del XIV secolo. Non lontano, un sarcofago è identificato dalla tradizione come la sepoltura del beato Goffredo, il vescovo che volle l’erezione della cattedrale.

L’interno della chiesa
La storia di San Pietro di Sorres è costellata di eventi. Cattedrale per oltre tre secoli, rimase l’unico edificio in piedi quando Sorres fu rasa al suolo dagli aragonesi. Nel 1503, la diocesi fu accorpata a quella di Sassari e la chiesa, ormai ex cattedrale, venne abbandonata. Riconosciuta come monumento nazionale, è stata poi affidata ai monaci benedettini sublacensi, che hanno intrapreso una vera e propria rinascita del luogo. Hanno aggiunto una casa canonica e una sacrestia, da cui un andito conduce alla sala capitolare, impreziosita da una Via Crucis dipinta dal celebre artista Aligi Sassu.
Oggi l’abbazia è un vibrante centro spirituale e culturale. I monaci hanno aggiunto opere moderne, tra cui un coro ligneo, un organo, un altare in pietra e un crocifisso pensile in bronzo dorato, e hanno allestito una foresteria per accogliere i visitatori, offrendo corsi per sacerdoti e settimane di “ritiro” e liturgia. Il museo della cattedrale di Sorres, allestito all’interno del monastero, illustra la storia della diocesi con opere d’arte e manufatti architettonici. La sezione archeologica del museo è un viaggio ancora più indietro nel tempo, con reperti che raccontano la preistoria e l’epoca romana nella zona, con particolare attenzione alla grotta Ulari, posta alla base del colle, abitata fin dal Neolitico e usata come luogo di sepoltura. Da questa grotta prende il nome anche il villaggio originario, Gruta, da cui deriva il nome attuale di Borutta. Un luogo che, come un libro aperto, racconta millenni di storia e devozione.

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