Lo sapevate? Le “pintaderas” venivano usate dai nuragici per decorare il pane

Si chiamano “ Pintaderas” e risalgono all’epoca nuragica, sono piccole matrici di terracotta circolari in basso rilievo che servivano per decorare il pane votivo ancora crudo.
Si chiamano “ Pintaderas” e risalgono all’epoca nuragica, sono piccole matrici di terracotta circolari in basso rilievo che servivano per decorare il pane votivo ancora crudo. Potevano avere un diametro che variava dai 5 ai 10 centimetri e venivano utilizzate come una sorta di timbro che imprimeva figure geometriche in rilievo prevalentemente a raggiera. Il pane, considerato un bene prezioso, veniva anche donato alle divinità. Molti bronzetti rinvenuti negli scavi archeologici in diverse zone della Sardegna, infatti raffigurano uomini nell’atto di salutare in un gesto di devozione la divinità, mentre recano un piccolo pane nella mano sinistra. Queste piccole focacce sono caratterizzate da decorazioni che ricordano i motivi delle pinaderas ma incise in negativo.
Le pintaderas, simili tra loro, ma con molte varianti risalgono al termine del Bronzo Finale e alla prima Età del Ferro (X-VIII secolo a.C.) e sono state rinvenute in diversi scavi, nei villaggi e nei luoghi di culto, a dimostrazione del fatto che erano state create proprio con lo scopo di decorare il pane destinato alle cerimonie. Questa tradizione di decorare il pane con le matrici è stata mantenuta anche in epoca punica, in quella cartaginese e romana.
Anche in epoche molto più recenti, si usava “timbrare il pane”, anche se la finalità era diversa. Non si trattava infatti di decorare il pane, ma dal momento che spesso si utilizzavano forni pubblici per la cottura del pane, ogni famiglia usava contrassegnare il proprio pane con una “marca” personalizzata per distinguerlo da quello degli altri. Le marche erano fatte di legno e spesso erano finemente scolpite con complesse composizioni floreali, motivi geometrici o animali.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lo sapevate? È di Triei lo chef dei presidenti della Repubblica da Cossiga a Mattarella

Lo sapevate? È di Triei lo chef dei presidenti della Repubblica da Cossiga a Mattarella
Che in Sardegna si mangi bene è un dato di fatto. Una cucina ricca e varia, fatta di sapori semplici e ingredienti gestiti con cura e attenzione. Pochi sanno però che nella dieta dei presidenti della Repubblica italiana c’è l’importante zampino della cucina sarda.
Sarà che gli inquilini del Quirinale non sono proprio dei giovincelli e che forse sono desiderosi di godere a pieno dell’elisir di lunga vita custodito dai centenari sardi, fatto sta che lo chef del Colle più famoso d’Italia è un sardo di Triei, il 59enne Cavalier Pietro Catzola.
Catzola, intervistato nei giorni scorsi dal Corriere della Sera, è in servizio al Quirinale da ben 29 anni. A sceglierlo fu un suo conterraneo, il sassarese Francesco Cossiga, salito al Colle nel 1985, lo chiamò nel 1989, dopo aver assaggiato, a bordo della nave Amerigo Vespucci dove Catzola era in servizio, uno splendido maialetto arrosto.
Ma cosa mangia l’attuale presidente della Repubblica?
«Mangia francescano. Molte zuppe, con ceci, lenticchie, roveja», ha raccontato Catzola al Corriere della Sera. Quello che forse gli dava più “soddisfazione” era Cossiga: «Amava i fritti, ma anche la cotoletta alla milanese o la crepe Suzette. Bottarga come se piovesse. Una volta per pranzo servii un dentice che era stato pescato quattro ore prima al largo di Alghero. Mi confessò che mangiava il formaggio con i vermi e il pane carasau sotto la Torre saracena».

© RIPRODUZIONE RISERVATA