Il capotribù di Uta, il bronzetto nuragico più imponente mai ritrovato

Alla scoperta del bronzetto nuragico più grande finora ritrovato. Il "bronzetto Capotribù di Uta" è una statuetta nuragica rinvenuta nel 1849 ad Uta, nel Monte Arcosu, ed è considerata la più grande scultura di questo tipo ritrovata finora.
canale WhatsApp
Il capotribù di Uta, il bronzetto nuragico più imponente mai ritrovato.
Alla scoperta del bronzetto nuragico più grande finora ritrovato. Il “bronzetto Capotribù di Uta” è una statuetta nuragica rinvenuta nel 1849 ad Uta, nel Monte Arcosu, ed è considerata la più grande scultura di questo tipo ritrovata finora.
Raffigura un personaggio imponente e di alto rango, con un mantello, un copricapo caratteristico, e tiene la mano destra alzata in segno di saluto o benedizione, mentre con la sinistra stringe uno scettro o bastone. Questa statuetta, insieme ad altri bronzetti ritrovati nello stesso luogo, offre una preziosa testimonianza della società nuragica e del suo potere. La statuetta di bronzo fu trovata nel 1849, insieme ad altre sei sotto un masso, da un carpentiere di Uta. È alta 39 centimetri, oggi custodita al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, e proviene proprio da Uta, località Monte Arcosu. Si tratta di una scoperta eccezionale, perché questa scultura, la più grande tra tutte le figurine di bronzo sarde, si distingue per lo stile e per la complessità della scena in cui fu ritrovata.

Il bronzetto di Uta (Foto Arte Svelata)
Sotto un grosso masso, insieme alle altre sei statuine più piccole e a otto spade – una delle quali sormontata da un cervo – il Capotribù occupava la posizione centrale, poggiato trasversalmente sulle armi e con le statuette minori ordinate nel cavo del manto, tre per lato. A interpretare per primo questa straordinaria scoperta fu il canonico Giovanni Spano, che vi lesse una sorta di “biografia militare” di un personaggio illustre: dal giovane fromboliere al grado di arciere, quindi di oplita, fino alla massima dignità di capo tribù. Una narrazione in bronzo che, secondo lo studioso, non solo esaltava l’eroe, ma lo consacrava alla dimensione divina. La statuetta appare immobile e ieratica, ma al tempo stesso carica di energia e di comando. Il Capo è raffigurato ritto, con i piedi saldati al perno d’infissione, il mantello steso dietro le spalle e aperto sul davanti, e lo scettro – un bastone ricco di nodi – stretto nella mano sinistra. La destra è alzata in un gesto rituale, ma al tempo stesso impugna una daga dalla lama a foglia, simbolo di prestigio militare e regale. Il volto, con i tratti tesi e lo sguardo penetrante, conferisce alla figura un’aura di solennità e di autorità.
La testa, coperta da un copricapo con lembo frontale, mostra capelli resi con incisioni geometriche; gli occhi, piccoli e obliqui, sembrano disegnati più che scolpiti, mentre il naso lungo e dominante, scolpito a pilastro, ricorda schemi stilistici diffusi nel Mediterraneo. I dettagli anatomici, dagli stinchi ossuti ai piedi scolpiti con rigore, fino alle vesti ornate di frange, rivelano la cura dell’artigiano, che concentrò la sua forza espressiva soprattutto sul volto, capace di trasmettere carisma e potere. Gli studiosi hanno notato analogie con altre produzioni orientali, in particolare con bronzetti del Luristan, datati tra il 1000 e il 600 a.C., conservati oggi in musei europei. Non si esclude quindi che, nel periodo orientalizzante dell’VIII-VII secolo a.C., la Sardegna sia stata raggiunta da influssi artistici provenienti dal mondo asiatico, forse anche attraverso artigiani itineranti. Ciò non toglie che il bronzetto Capotribù di Uta resti un capolavoro autenticamente sardo, testimonianza dell’arte nuragica nella sua massima espressione. La statuetta è giunta fino a noi integra, con la superficie ossidata che ha assunto la caratteristica patina verde dei bronzi antichi, e continua a rappresentare uno dei simboli più affascinanti della civiltà nuragica, capace ancora oggi di raccontare, attraverso la sua imponenza e i suoi dettagli, la storia di un popolo che fece della forza, della religione e della gerarchia sociale i cardini della propria identità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA