Un servo pascolava le mucche del suo padrone, sognando di diventare ricco. Un giorno gli si presentò il diavolo e gli disse: “Se sei disposto a fare tutto ciò che ti ordino, diventerai più ricco del tuo padrone. Trasformerò per te le formiche in mucche”. “Cosa debbo fare?” chiese il servo. E il diavolo rispose: “Devi darmi la tua anima”.

L’uomo ci penso un momento e poi rispose: “D’accordo, però voglio anche qualcosa in più. Quando ti chiederò di fare vento, lo farai. E quando ti chiederò la pioggia, la manderai. E quando vorrò che il bestiame muoia, lo farai morire”. “E sia!” rispose il diavolo. Subito le formiche divennero mucche e il servo divenne improvvisamente ricco. Nonostante ciò, era geloso di ciò che gli altri possedevano e si lasciava prendere dal desiderio di distruggere le proprietà altrui. Quando desiderava che il bestiame del suo vicino morisse, invocava la peste e quella arrivava. Se voleva che il raccolto dei suoi nemici andasse a male, bastava che ordinasse il vento e quello, furioso, si levava portando via tutti i frutti dagli alberi, e abbattendo e devastando le semine.

Le forze della natura gli obbedivano. Ma anche lui doveva obbedire al demonio, questo era il patto. Ma un giorno il diavolo si presentò con una richiesta terribile. “Devi gettare tuo figlio nel dirupo” disse all’uomo, che restò sconcertato. Aveva stretto un patto di obbedienza ma non si aspettava una richiesta simile. Sacrificare il proprio figlio era davvero troppo! La sera l’uomo non tornò a casa. Il figlio il giorno dopo andò a cercarlo all’ovile ma non lo trovò. Vide nel pagliaio un enorme diavolo con le corna e con il tridente in mano, così si allontanò impaurito. L’uomo, per non sacrificare il figlio, si era immolato lui stesso al demonio.

Per giorni la moglie dell’uomo e il figlio lo cercarono preoccupati. Visto che non tornava, la mogli mise il lutto. Pianse silenziosamente e pensò che il diavolo che il figlio aveva visto nell’ovile doveva essere il marito. Comprese così perché da poveri erano diventati ricchi e perché ottenevano con facilità tutto ciò che desideravano.

Leggenda tratta da “Leggende e racconti popolari della Sardegna” di Dolores Turchi, Newton Compton Editori.

Due giovani donne stavano impastando la farina per preparare il pane. Avevano già terminato il lavoro ed attendevano che la pasta lievitasse, quando si accorsero che mancava legna da ardere.  Si recarono nella vicina campagna per raccogliere una fascina di cisto.

Di ritorno a casa, una disse all’altra: “Ma guarda! Noi qui a portare frasche, mentre la cuocitrice se ne sta comodamente a letto. Quella, te lo dico io, si alzerà solo per infornare! Che ne dici di farle una fattura?”. L’altra acconsentì. Presero alcune foglie di asfodelo e fecero una pupattola verde. Poi staccarono delle spine da una pianta di fico d’India e con quelle cominciarono a trafiggere la pupattola ovunque. Infine, stanche del gioco, la gettarono in un cespuglio di lentisco e proseguirono il cammino verso casa. Quando giunsero in paese, videro un gruppetto di donne che confabulavano davanti alla casa della cuocitrice.

“Oggi il pane dovrete cuocerlo voi, la cuocitrice sta morendo“. Le due ragazze ci restarono malissimo e si guardarono con intesa. La più giovane chiese ad una delle anziane: “Ma cos’ha? Prima stava benissimo”. La vecchia rispose: “Ora non può muoversi, ha il corpo completamente coperto di vesciche. “Non sarà mica l’effetto della fattura che le abbiamo fatto in campagna?” si domandarono le sciocche ragazze.

Chiamarono così in disparte la vecchina e le raccontarono tutto. La donna le guardò severamente. “Andate subito a cercare la pupattola, voi l’avete fatta e voi dovete disfarla!”. Presto ritrovarono la bambola nel cespuglio dove l’avevano gettata poche ore prima. A mano a mano che toglievano le spine di asfodelo, alla cuocitrice, in paese, sparivano le bolle. Quando giunsero a casa, la donna non aveva più nulla. Completamente guarita, si era già messa davanti al forno, pronta a fare il proprio lavoro.

Leggenda tratta da “Leggende e racconti popolari della Sardegna” di Dolores Turchi, Newton Compton Editori.