Il più antico campione di dna mitocondriale in Sardegna rivela che i primi migranti arrivarono già 11mila anni fa
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Era il 1 marzo del 1915, quando venne ufficialmente sancita la nascita della Brigata Sassari, brigata di fanteria meccanizzata dell’Esercito Italiano. Due i reparti che andarono a confluirvi: il 151° reggimento, di stanza a Sinnai, e il 152°, con sede a Sassari. Per la nazione si trattava di un reparto innovativo, unico reclutato su base regionale, e l’origine sarda dei suoi componenti – tanto dei soldati quanto degli ufficiali, seppure fossero questi in numero spesso insufficiente e per questo sostenuti dall’apporto di esterni – incise da subito in maniera evidente: ne plasmò i valori, le tecniche di combattimento, e pesò sulla forza del legame che ne univa gli uomini. Fattore, quest’ultimo, che rese la neonata formazione diretta discendente del Terçio de Cerdena, di periodo aragonese-spagnolo, e del Reggimento di Sardegna, di età sabauda, milizie accomunate anch’esse dall’origine sarda dei componenti.
Nessun documento indica con certezza i motivi che spinsero alla creazione di un gruppo militare interamente formato da sardi. Pare plausibile ritenere sia stato un modo per meglio coinvolgere i giovani isolani nell’immane sforzo della guerra – sebbene già lo fossero, poiché arruolati in organizzazioni pre-esistenti, quali la Brigata Cagliari – o, ancora, potrebbe essersi trattato di un esperimento, uno strumento per valutare la validità di una milizia territorialmente coesa, formata in prevalenza da agricoltori e pastori, priva – o quasi – di fattori disgreganti al suo interno. Si racconta, però, che l’idea fosse nata in realtà da un singolo e cruciale episodio.