“Nicolò Businco. Storia di un errore giudiziario”.  Si intitola così il nuovo lavoro di Tonino Serra, medico di Jerzu, prestato egregiamente al ruolo di storico.

Serra, ancora una volta si fa portavoce della storia ogliastrina raccontando il clamoroso errore giudiziario che coinvolse Nicolò Businco, Giosuè Piroddi, Antonio Lorrai e Antonio Parlatariu, ingiustamente accusati dell’assassino del segretario comunale di Perdasdefogu Ruggero Tedde. Il fatto avveniva nel lontano 1894, quattro anni dopo gli sventurati venivano condannati all’ergastolo. Anni di indagini effettuate dai parenti degli imputati si risolsero nell’incriminazione per falsa testimonianza di chi aveva determinato la condanna del 1898, si ottenne, oltre che la revisione del primo, un nuovo processo conclusosi con l’assoluzione dei quattro imputati. Il 16 Luglio 1914 Nicolò Businco lasciava il carcere di Oristano, dopo ben diciotto anni di prigionia.

Tonino Serra, rende giustizia a un uomo, a un innocente, che si batté per contrastare le oligarchie ogliastrine e ci riuscì. Racconta l’autore: “Nicolò Businco dopo gli anni di detenzione non si ritirò a vita privata, ma continuò a battersi per gli ideali in cui aveva sempre creduto. Ebbe una vita molto movimentata fu un grande giornalista e un acceso polemista, direttore de “Il Risveglio della Sardegna”, non si limitava a denunciare le storture del sistema ma indicava anche delle valide soluzioni”. Una storia di malagiustizia che Tonino Serra, dopo la prima presentazione del libro a Jerzu di poche settimane fa, racconterà a Perdasdefogu il 30 Agosto. A dialogare con l’autore del libro edito da Condaghes, sarà il giornalista Giacomo Mameli, alcuni brani verranno letti da Maria Luisa Businco pronipote di Nicolò. L’appuntamento è per le 19 nel piazzale della biblioteca “Daniele Lai”.

La vicenda che nelle ultime ore ha fatto il giro dei media nazionali e internazionali approda ora in Procura. La magistratura di Aosta ha infatti aperto un fascicolo — al momento senza ipotesi di reato formalizzate — sul caso del radiologo G.F., responsabile della struttura semplice di Radiologia e neuroradiologia interventistica dell’ospedale Parini, che ha ammesso di aver utilizzato le apparecchiature dell’ospedale per sottoporre la propria gatta, Athena, a una Tac e a un drenaggio toracico dopo una caduta di sei piani.

A portare il caso all’attenzione della Procura è stata la stessa azienda Usl della Valle d’Aosta, che ha avviato accertamenti interni sull’episodio. Il medico ha risposto con una lettera, dichiarandosi disponibile a risarcire eventuali danni economici e spiegando le proprie ragioni: «Di professione faccio il radiologo interventista e sapevo di poterla salvare solo con un intervento tempestivo».

Il direttore generale, Massimo Uberti, aveva già sottolineato la possibile rilevanza penale della vicenda: «Qui ci sono anche ipotesi di reato perseguibili d’ufficio. Il pubblico ufficiale ha l’obbligo di segnalazione». Parallelamente è stata attivata una commissione disciplinare con l’iter di verifica dei fatti, dopo che un collega del primario aveva riferito l’episodio.

La gatta Athena era precipitata dal tetto del condominio per sei piani. Portata inizialmente dal veterinario, erano emersi traumi multipli: fratture posteriori, sospetto pneumotorace, possibili lesioni interne. Vista la gravità, il medico si è recato all’ospedale regionale Parini in un orario in cui le tre Tac non erano in servizio programmato. Verificata l’assenza di pazienti in attesa, ha eseguito un esame di pochi secondi e poi il drenaggio toracico che ha permesso all’animale di tornare a respirare.

«Da quel momento la gatta si è gradualmente ripresa» racconta il medico, che sottolinea di non essere in servizio e di aver agito solo per salvare la vita dell’animale. Athena è uno dei cinque gatti che il radiologo ha adottato nel tempo, tutti salvati dalla strada. «Se non avessi fatto tutto ciò che potevo, e la mia gatta fosse morta, non me lo sarei mai perdonato, anche per i miei figli che la adorano».

La storia continua a suscitare un acceso dibattito sulla gestione delle risorse sanitarie pubbliche, tra chi difende il gesto “salvavita” del medico e chi invoca il rispetto rigoroso delle procedure e dell’uso delle apparecchiature ospedaliere. Ora la parola passa alla Procura, che dovrà stabilire se nell’intervento di quella notte si configurino responsabilità penali o disciplinari.