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10 anni del MAAM di Roma, il primo museo abitato del mondo

10 anni del MAAM di Roma, il primo museo abitato del mondo.

Articolo di Rita Chessa.

Intervista a Giorgio de Finis, fautore di questa straordinaria rivoluzione culturale. Il 23 aprile 2022 il MAAM, il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz compirà dieci anni, così come dieci anni compiranno le sperimentazioni museali che da lì hanno preso il via ad opera dell’antropologo, artista e curatore Giorgio de Finis. Dieci anni per trasformare l’ex-salumificio occupato sulla Prenestina in una roccaforte d’arte viva, con centinaia di muri dipinti, sculture, installazioni e performance realizzate da artisti affermatissimi ed emergenti. Arte “a protezione” degli abitanti, circa 200 persone, nuclei famigliari con tanti bambini, provenienti da diverse parti del mondo, una “città meticcia” in continua evoluzione.

“A marzo presenteremo ufficialmente la candidatura del MAAM come patrimonio dell’Unesco, che abbiamo già annunciato a settembre con una campagna chiamata ‘Nunesco’, un gioco di parole volto a sottolineare la volontà degli abitanti di continuare a vivere nel museo abitato” ci confida de Finis.

La sua attività è inarrestabile: oltre al MAAM, ha fondato e diretto il Dif, il museo diffuso della città di Formello (lo scorso anno chiuso dall’amministrazione comunale di centrodestra che non lo ha gradito), porta avanti il progetto del Museo delle Periferie, ed è stato direttore nel biennio 2018 -2019 del Macro, il Museo d’Arte Contemporanea di Roma. Ha all’attivo numerose pubblicazioni ed è autore di molti film-documentari, tra cui ricordiamo “Space Metropoliz” e il recentissimo “Macro Asilo, il museo di tutti”.

La sua visione d’arte si discosta dalle logiche del mercato e dalla mitopoiesi di pochi artisti eletti dal sistema finanziario. Una prospettiva rivoluzionaria che si è espressa coerentemente con il progetto sperimentale “Macro Asilo” dove per 15 mesi, ha trasformato in stretta collaborazione con l’Azienda Speciale Palaexpo, il museo d’arte contemporanea di Roma in un vero e proprio organismo vivente, “ospitale” e relazionale, che stimolava all’incontro e alle connessioni tra persone, saperi e discipline in una logica di costante apertura e partecipazione della città e del pubblico.

“Il museo è il fiore all’occhiello delle città globali in competizione, ma le città sono anche l’ecosistema privilegiato dai Sapiens del Terzo Millennio. Ripensare il museo vuol dire ripensare la città, sperimentare la possibilità di una città diversa, plurale, inclusiva, partecipata e soprattutto più equa. Se mai sarà costruito, il Museo delle periferie sarà il primo museo di Roma Capitale fuori del Grande Raccordo Anulare. Avere un posto fisico ci permetterà di intessere relazioni con il territorio”. Afferma de Finis in attesa che prenda il via il cantiere del museo delle periferie che dovrebbe essere realizzato in via dell’Archeologia a Tor Bella Monaca. “L’obiettivo è di valorizzare quello che in periferia nasce di vitale e originale, e al tempo stesso contribuire a costruire, attraverso attività artistiche e relazionali, la città di tutti. La nostra idea di museo non si fonda su un sistema piramidale e gerarchico, ma sul presupposto che ogni attore che vi partecipa possa contribuire alla costruzione di uno spazio del comune, prendendosi la responsabilità in prima persona del proprio operato”.

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L’utopia artistica di Giorgio de Finis ci permette di vivere esperienze distopiche (per citare Massimo Canevacci) e di godere della creazione di opere dentro ad un corpo vivo vicino a tematiche sociali possibilmente lontane da dinamiche autoreferenziali del sistema dell’arte.

Non mancherà la nostra presenza durante il grande evento che si svolgerà ad aprile per celebrare i 10 anni di resistenza del MAAM, luogo di salvataggio culturale ed umano, dove vi trovano rifugio sia le persone che reclamano il diritto alla casa che gli artisti.

 

“L’arte cancella la lavagna del mondo così com’è per ridisegnarlo”, afferma Giorgio poco prima di salutarci.

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