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Lo sapevate? A Roma c’è un intero quartiere ricoperto di splendidi murales

Andiamo alla scoperta della zona più colorata di Roma. Dal 2015 nel quartiere di Tor Marancia, un gruppo di artisti internazionali, specializzati nelle decorazioni murali, ha realizzato sulla facciata di ciascuna palazzina una serie di murales di varia tematica e diversi stili. 

 

Un vero e proprio museo condominiale che mirava alla riqualificazione estetica e sociale della zona e allo stesso tempo ha regalato alla zona un distretto di arte pubblica contemporanea, coinvolgendo i residenti: le 500 famiglie che vivono nel quartiere, le scuole, le associazioni del territorio. Ci sono stati incontri con gli artisti, workshop, laboratori creativi con un vero coinvolgimento degli abitanti, inizialmente diffidenti e ostili poi sempre più partecipi. E gli abitanti hanno adottato gli artisti, hanno portato loro il pranzo, si sono confrontati, hanno dato consigli. Famoso il consiglio di una signora allo street artist Mr Klevra mentre esguiva il suo murale: “A regazzi’, ma nun lo vedi che ‘sta Madonna l’hai fatta troppo cicciona?”.

In una borgata difficile, dove degrado e delinquenza erano, insieme alla dispersione scolastica, all’ordine del giorno, 11 palazzine grigie e anonime del comprensorio di Via di Tor Marancia n. 63 sono state completamente trasformate con una serie di murales magnifici dalle forme e dai colori fantasiosi lungo tutte le varie facciate. Una rinascita, grazie a un progetto bellissimo.

Qui, 20 artisti internazionali in 70 giorni di lavoro (fra l’8 gennaio e il 27 febbraio 2015), con 765 litri di vernice e quasi 1.000 bombolette spray hanno realizzato a “Big City Life“, un progetto formato inizialmente da 22 murales monumentali ideato da 999Coontemporary, finanziato da Fondazione Roma e dal Campidoglio e patrocinato dall’VIII Municipio.

L’opera-pilota è stata quella dell’artista argentino di origini italiane Jaz, intitolata “Il Peso della Storia“: un lottatore argentino tiene sulle spalle un lottatore italiano, a rappresentare metaforicamente il legame storico che unisce l’Argentina con l’Italia.

Poi c’è il “Bambino Redentore” dell’artista francese Seth, l’arancia di Gaia, la Mano del francese Philippe Baudelocque, e ancora l’icona bizantina del romano Mr Klevra,“Veni,Vidi, Vinci” dei graffitisti francesi Lek & Sowak (la frase è ricalcata sul celebre motto di Cesare, ma presenta un errore di ortografia, Vinci invece di Vici). Gli altri murales sono “Il Vento” dell’artista spazialista lucchese Moneyless, l’opera new Art Noveau del romano Diamond: “Hic Sunt Adamantes” (= Qui ci sono i Diamanti); il coloratissimo “Cascata di Parole” del tedesco Satone, il “Picasso di Tor Marancia“ di Reka, la “Distanza Uomo Natura“, del giovane Jerico, filippino d’origine ma romano d’adozione, l’abbraccio di Best Ever, artisti britannici, e “Io Sarò” dell’austriaco Van Helten.

(Foto Roma e Lazio Aperte).

I quartieri pionieri della street art nella Capitale sono stati il Pigneto, San Basilio e la zona fra Ostiense e Testaccio. Poi è arrivato il turno di Tor Marancia.

Tor Marancia è la zona urbanistica 11E del Municipio Roma VIII di Roma Capitale. Si estende sul quartiere Q. XX Ardeatino.

Il nome di Tor Marancia deriva probabilmente dalla deformazione medievale di Amaranthus, nome di un liberto che prese in gestione la tenuta agricola e la villa della famiglia Numisia Procula nel II secolo d.C. I resti di questa villa sono ancora visibili oggi vicino a via Giulio Aristide Sartorio.

La torre originale, torre Marancia, che dava il nome alla zona, è andata distrutta tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo, nella mappa del Catasto Alessandrino del 1660 già non è più presente.

Quella attuale, presente su viale di Tor Marancia, è stata chiamata sino al XVIII secolo torre di San Tommaso e solo successivamente ha assunto la denominazione dell’omonimo viale. Costruita nel XIII secolo, in blocchetti di tufo, alta circa 15 metri per 6 metri di lato, conserva ancora i resti della merlatura originaria.
Dopo vari passaggi di proprietà la zona servì nei primi anni ’30 del XX secolo ad accogliere i cittadini espulsi dai rioni centrali di Roma, a seguito dei primi sventramenti fascisti per “bonificare” il centro dalle manifestazioni più visibili di disagio sociale, assieme agli emigrati provenienti dall’Italia meridionale e alle famiglie messe sul lastrico dalla liberalizzazione degli affitti, si costituì la borgata governatoriale di Tor Marancia (conosciuta anche come Tormarancio). I lavori iniziarono nel maggio del 1933. La borgata era formata da un assembramento di baracche, casette in muratura o in legname e sorgeva in un’area prevalentemente paludosa e insalubre (la tubercolosi era molto diffusa). Le case avevano i pavimenti in terra battuta, senza acqua, i servizi igienici erano in comune e spesso guasti, erano inesistenti: le scuole, i trasporti pubblici e il pronto soccorso.

A causa dei periodici allagamenti, per l’infelice collocazione in una zona infossata, la piccola borgata, malsana e degradata assunse il nomignolo di Shanghai.

La costruzione delle attuali case popolari iniziò nel 1947 per l’intercessione dei due senatori del PCI: Edoardo D’Onofrio e Emilio Sereni, a seguito della legge De Gasperi sul risanamento delle borgate, conclusasi nel 1960. Nel 2015 l’inizio delle trasformazione: le anonime palazzine di edilizia residenziale pubblica cominciano ad essere colorate. Il resto è storia recente.

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