Passa quasi 20 anni in carcere ma era innocente: la vicenda di Pietro Paolo Melis
Ha 38 anni quando mette piede in carcere, 56 quando ne esce: 18 anni, 7 mesi e 5 giorni da prigioniero innocente. La vicenda di Pietro Paolo Melis
«Il nemico numero uno, quando ti trovi in carcere da tanti anni, è il tempo.»
Il 14 maggio del 1995 accade, a pochi chilometri dal campo di addestramento di Abbasanta, un tragico evento che cambierà la vita non di uno, ma di due innocenti. Una è Vanna Licheri, imprenditrice agricola che non sarà mai ritrovata, e l’altro è Pietro Paolo Melis (chiamato da tutti Piero), accusato ingiustamente.
18 anni, 7 mesi e 5 giorni: ecco il tempo che Piero trascorre in carcere da innocente. Un lungo, interminabile tempo che lui riempie di speranza. Ma cerchiamo di capire meglio facendo un passo indietro.
10 dicembre 1997: il mamoiadino Piero Melis è nella sua azienda agricola. Qualche tempo prima, ha ricevuto un avviso di garanzia per il rapimento della signora Licheri, ma – sotto consiglio del suo avvocato – non si allarma. «Sarà la prassi» gli viene detto. Lui, quel giorno lì, è preoccupato solo perché c’è da occuparsi dello svezzamento di alcuni vitelli.
Alle 12 e 30, di ritorno a casa, trovano posto di blocco: i militari fermano tutti, puntano dei mitra su Piero e lo fanno salire sull’auto di polizia, destinazione Nuoro. Accusa? Sequestro di persona.
Piero, sconvolto, chiama gli avvocati, intanto dopo essere stato interrogato in questura viene condotto al carcere di Badu e Carros, in isolamento. Da quel momento in poi, Melis, all’epoca 38enne, trascorre molto tempo isolato, senza poter vedere nessuno.
Non capisce perché tutto questo sia accaduto a lui… lui che Vanna Licheri non la conosceva affatto, non l’aveva mai vista. Poi sbuca una prova, la prova regina, come viene chiamata in questi casi. Da un’intercettazione su un’auto – dove Melis chiarisce di non essere mai salito – viene fuori una voce. L’accusa è certa: quella voce è di Pietro Paolo Melis – nonostante poi venga dimostrato, con grandissimo ritardo, che non solo non è la sua voce ma che non combaci nemmeno l’accento.
Piero viene condannato in primo grado, perde l’appello e anche la Cassazione dà ragione a questa prova: 30 anni, questo il verdetto che diventa effettivo nel dicembre 1999. Ecco, risolto il caso e tutti a nanna felici. Giusto? No, be’, tutti meno che un innocente in carcere. Il suo calvario inizia proprio qui.
«Volevano un colpevole,» dice oggi Melis «lo volevano per forza.» Dopo Cagliari e Nuoro, Melis viene spostato a Spoleto. Pur mancandogli la Sardegna, lì si sente più libero: i detenuti possono avere il computer, istruirsi, fare corsi vari.
La speranza non lo abbandona mai: tenuto vivo e sano psicologicamente dalla sua innocenza e, soprattutto, supportato dalla famiglia, in carcere si diploma all’Artistico, studia, legge tanto, si specializza in varie cose. I permessi che gli vengono concessi per tornare a trovare la madre – con, come appoggio, il carcere di Badu e Carros – riescono a dargli la forza di affrontare il tutto.
«Un giorno, così, per caso, lessi uno di quegli opuscoli di varie materie. Si parlava delle cose che, nel mondo moderno, poteva fare la fonetica. Allora ho pensato che si dovesse ripartire da lì.»
Ed è proprio la strada giusta. Il processo viene riaperto e con le moderne tecniche viene subito fuori la verità: quella voce non è assolutamente attribuibile a Melis. Crollando la prova regina, crolla il castello di ingiustizia, sebbene troppo tardi. «Quando sono stato scagionato, ero spaesato. Avevo trascorso anni e anni in carcere, uscire era per me strano. Avevo 56 anni.»
La sua famiglia, ancora una volta, fa la differenza: lo accoglie a braccia aperte e piano piano, un passo dopo l’altro, Piero Melis si tranquillizza, riuscendo a reintegrarsi. Ritrova anche posto nella sua vecchia azienda, accanto a suo fratello che negli anni l’ha tenuta a galla.
«Io devo ringraziare di essere qui, di poterlo raccontare: nel mio cammino ho visto tante persone andare incontro a depressioni ed esaurimenti nervosi, alcuni si sono persino tolti la vita. Ringrazio i miei avvocati, mia sorella che si è battuta per me, i miei amici e tutti quelli che mi hanno dimostrato vicinanza e comprensione.»
Adesso Melis si è lasciato il passato alle spalle, vive con la compagna e ha un bimbo di due anni. Ma nessuno potrà restituirgli quei 18 anni vissuti da prigioniero innocente.
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